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Codice:Data pubblicazione:Il crocifisso come espressione dell’origine religiosa dei valori della persona.Intervista ad Alberto Gambino, professore ordinario di Diritto civile
ROMA, 22 febbraio 2006 (ZENIT.org).- La VI sezione del Consiglio di Stato, con la decisione n. 556 del 13 febbraio 2006, ha messo fine alla lunga vertenza giudiziaria relativa alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, respingendo il ricorso di una cittadina finlandese che aveva chiesto la rimozione del crocifisso dalla scuola dei suoi figli ad Abano Terme (Padova). La decisione, come è stato messo in rilievo da più parti, si ispira ad una concezione “sana” e “buona” della laicità, che – secondo i giudici amministrativi – “benché presupponga e richieda ovunque la distinzione fra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti nel tempo e uniformi nei diversi Paesi, ma pur all’interno di una medesima ‘civiltà’, è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com’è al divenire di questa organizzazione”. ZENIT ha intervistato sull’argomento Alberto Gambino, professore ordinario di Diritto civile, che dallo scorso anno tiene i suoi corsi anche nell’Università Europea di Roma.Come studioso dell’ordinamento giuridico italiano lei condivide questa decisione?Prof. Alberto Gambino: L’affissione del crocifisso nelle scuole italiane è prevista da due Regolamenti del 1924 e del 1927 in materia di arredi scolastici. Sono norme tuttora vigenti, che non possono considerarsi tacitamente abrogate a causa della caduta del principio di confessionalità dello Stato italiano. La valutazione sulla legittimità attuale di tali disposizioni va operata raffrontandole con i principi che oggi ispirano la nostra Carta costituzionale.Quale è il nucleo di questi “principi costituzionali” in materia religiosa?Prof. Alberto Gambino: Le norme fondamentali si dividono in tre gruppi: gli articoli 2 e 3 sui diritti inviolabili e la pari dignità sociale delle persone; gli articoli 7 e 8, sui rapporti tra Stato e confessioni religiose e sulla correlata libertà di organizzazione; gli articoli 19 e 20 sulla libertà di professare la fede e sul divieto di discriminazione degli enti confessionali. Tutti questi articoli della Costituzione italiana rappresentano la base di quello che si suole definire “principio di laicità”.Qual è in Italia il carattere fondamentale del “principio di laicità”?Prof. Alberto Gambino: Il principio di laicità indica la reciproca autonomia tra ordine temporale e ordine spirituale. Autonomia che non significa indifferenza, ma che va intesa come interdizione dello Stato di entrare nelIe vicende interne delle confessioni religiose; e per l’autorità religiosa come preclusione di esercitare nello Stato anche il potere temporale. Ne consegue che la libertà di religione e l’esercizio del culto è una prerogativa dei credenti proprio quale conseguenza del principio di laicità. La legittimità dell’esposizione del crocifisso come simbolo religioso si realizza in questo contesto.Dunque ogni simbolo religioso avrebbe pari dignità secondo l’ordinamento giuridico italiano?Prof. Alberto Gambino: No, e questo è spiegato molto bene nella decisione del Consiglio di Stato. Infatti l’esposizione di un simbolo religioso in un luogo pubblico – che per il credente rappresenta un valore di fede – sarà legittimo dinnanzi all’intera comunità, comprensiva anche di quanti non credono, se tale simbolo è altresì in grado di richiamare in forma sintetica, intuibile e percepibile quei valori che ispirano l’ordine costituzionale e rappresentano i fondamenti del nostro vivere civile.Valori ben rappresentati dall’effige di Gesù Cristo in croce…Prof. Alberto Gambino: Senz’altro. Se riflettiamo sul fatto che Gesù Cristo è realmente vissuto e quanto da Lui detto e predicato rappresenta anche per chi non crede una base di valori profondamente condivisi, non può che dedursi il carattere anche “laico” del crocifisso. La decisione su questo punto è molto chiara: “…in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana”.In questo senso può parlarsi di civiltà cristiana?In questo senso può parlarsi di civiltà cristiana?Prof. Alberto Gambino: Mi limito al doloroso esempio di questi giorni, dove gruppi integralisti insorgono in nome dell’Islam contro le deprecabili vignette satiriche su Maometto, mettendo a ferro e fuoco, con morti e feriti, ambasciate e centri di cultura. Davanti a questa realtà fa da contraltare il silenzioso e commosso dolore delle comunita’ cattoliche italiane per il povero Don Andrea Santoro
ucciso a Trebisonda da un giovane esaltato in nome di Allah. Mi pare che l’abissale differenza tra le due situazioni è la dimostrazione di quanto la cultura italiana sia intrisa di quei valori cristiani e umani, che sono ben radicati nel nostro popolo.Tali valori valgono anche per chi professa altri credi religiosi o si dichiara ateo?Prof. Alberto Gambino: Mi sembrano centrali queste parole di Papa Giovanni Paolo II: “Popoli tutti, aprite le porte a Cristo! Il suo Vangelo nulla toglie alla libertà dell’uomo, al dovuto rispetto delle culture. A quanto c’è di buono in ogni religione” (Redemptoris Missio, n. 3). Del resto una risposta a questa domanda giunge proprio da chi non è cattolico. Ancora di recente il presidente della Lega Musulmana Mondiale, Mario Scialoja, ha spegato che il crocifisso è “rispettato dai musulmani anche perché Cristo è annoverato dall’Islam tra i più grandi profeti”. E il filosofo laico Massimo Cacciari ha commentato la vicenda sostenendo non solo che il crocifisso non può dare fastidio a nessuno, ma che anzi può diventare una “presenza di altissimo stimolo” e di “apertura mentale per tutti”.Tuttavia in un contesto secolarizzato come l’attuale, non si rischia di svilire la portata religiosa del Crocifisso che è soprattutto il simbolo della religione cristiana?Prof. Alberto Gambino: Questa osservazione deve valere soprattutto per chi si professa cristiano. Sarebbe molto preoccupante se le comunità cristiane finissero per adeguarsi ad un’interpretazione soltanto civile dei valori della propria fede. Credo valga quale formidabile richiamo quanto ci dice Benedetto XVI nella sua prima enciclica: “La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore e di vedere meglio ciò che le è proprio” (Deus caritas est, 28).C’è qualche passaggio della decisione del Consiglio di Stato che la convince particolarmente?
Prof. Alberto Gambino: Sì, e peraltro è un passaggio che è stato poco valorizzato dai primi commentatori. Nella decisione si menziona l’origine religiosa di quei “valori”, che hanno impregnato il nostro modo di vivere e la nostra cultura tanto da “emergere” nelle norme fondamentali della Costituzione italiana. In particolare rispetto a questi valori, attraverso il crocifisso, si vuole – cito testualmente – “porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l’autonomia dell’ordine temporale rispetto all’ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica ‘laicità’, confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall’ordinamento fondamentale dello Stato italiano”. E’ un riconoscimento di particolare significato che riecheggia quella formulazione – non accolta – a proposito delle radici cristiane nel Trattato costituzionale europeo, dove si sarebbero voluti menzionare i valori di coloro che credono in Dio come fonte di giustizia, di libertà, di verità, di bellezza, rispettando, allo stesso tempo, quanti, non credendo in Dio, ne riconoscono la loro portata universale. E’ proprio il caso di dire che i giudici amministrativi italiani si sono dimostrati laici più autentici del laicista legislatore europeo.© Innovative Media, Inc.La reproduzione delle notizie di Zenit
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