Vigilate e pregate

13 Nov 2009 | Riflessioni

«Vigilate e pregate!»

La preghiera è il respiro dell’anima, come il corpo ha bisogno dell’ossigeno per respirare così la nostra anima ha bisogno della preghiera per vivere, e così come il corpo ha bisogno del cibo per essere nutrito così l’anima ha bisogno dell’Eucaristia per poter vivere. La preghiera deve essere quindi al primo posto nella nostra vita, se non comprendiamo questo non siamo uomini e donne di preghiera. Il Papa ha detto che l’uomo tanto vale quanto prega, tanto pesa quanto prega. Ci sono molti movimenti laicali in cui c’è l’accentramento sulla attività, sull’operare, questo non vale  per noi, poiché la nostra attività principale è l’evangelizzazione, la predicazione e questi senza la preghiera non si fanno.

Nessuna opera sorge senza la preghiera. L’evangelizzazione non si fa con la semplice organizzazione; non è una semplice attività pubblicitaria di affissione del manifesto o della consegna dell’invito; questa è l’attività materiale consequenziale a tutto quello che c’è dietro, cioè la preghiera. Il Signore istruisce quando ci si mette in ginocchio.

Pregare non è solo consacrare la propria attività professionale al Signore perché questa possa essere giusta e retta secondo i canoni cristiani, non è solo l’offerta del nostro sacrificio al Signore per questa missione; poichè questa consacrazione non ha un valore forte se non è accompagnata dalla preghiera. Pregare, quindi, non è un limitarsi a dire : ‘mentre lavoro prego’, no, la preghiera nel senso stretto del termine  si ha quando uno lascia tutto, si ferma e prega.

Ciascuno prega a seconda del cammino che sta facendo  e lo stadio in cui esso si trova; non a tutti è chiesto di pregare almeno due ore al giorno.

Se una persona non ha ancora iniziato, comincia con dieci minuti al giorno, fermo, recitando il rosario o leggendo la Parola o pregando così come viene spontaneo; da dieci minuti passa a quindici minuti al giorno, a trenta minuti, ad un’ora; deve essere un cammino di crescita nella preghiera. Se dopo sei mesi una persona  non  arriva ad andare a messa tutti i giorni vuol dire che non ha incontrato il Signore veramente e che non gli ha dichiarato tutta la sua disponibilità.

Bisogna mettere al centro la preghiera , per mettere al centro il Signore, perché solo con la preghiera s’instaura quel rapporto diretto con Gesù. Se si ama una persona si desidera spesso parlare con essa e così è con il Signore. Come si fa a capire cosa vuole il Signore da me se non mi metto a colloquio con Lui? Come faccio a capire cosa vuole il Signore che io faccia nella mia vita ? Debbo mettermi in contatto con Lui. Come faccio a discernere se questa causa la debbo prendere o meno? Quando non si conduce una vita di fede si prendono tutte le cause che capitano.

Quando invece segui un cammino di fede, operi sempre il discernimento degli spiriti per verificare se una cosa è buona o meno in quanto , se in apparenza una cosa sembri buona, potrebbe, invece, essere così presentata dal maligno per buggerarti. Questo vale tanto per la professione, quanto per ogni circostanza della vita.

Solo se si è impregnati di preghiera e si invoca lo Spirito Santo si riesce sempre a riconoscere le vie, le opportunità e la volontà del Signore.

I due pilastri su cui si fonda Avvocatura in Missione sono: l’Eucarestia e una predilezione e adorazione particolare allo Spirito Santo, perché senza Spirito Santo non si può fare nulla.

Lo Spirito Santo ci dà la vita, ci dà la forza, ci sostiene, ci fa capire il bene, ci fa capire il male, ci fa capire quando siamo nell’errore; quindi la preghiera va al primo posto unitamente alla invocazione continua allo Spirito Santo.

 

I nostri insegnamenti sono basati sullo studio della Parola e sullo studio del comportamento di Gesù in determinate occasioni.

Gesù prima di andare ad evangelizzare si ritirava in alto, si ritirava di notte, abbandonava tutti i discepoli e metteva al primo posto il suo colloquio con il Padre; dopodiché tornava e poteva sfamare la folla. Questo è l’esempio che dobbiamo prendere.

 Come faccio a sfamare la folla? Fuori, nel Tribunale di Roma vi sono 10.000, 20.000 persone, c’è un pullulare di gente. Come fai la mattina ad andare ad incontrare uno di loro per portarlo a Cristo se dietro non c’è la preghiera?

Il nostro deve essere un cammino, un piano  di crescita spirituale perciò non possiamo dire: il lavoro mi assorbe completamente.

Se noi non mettiamo Cristo al primo posto, non troveremo mai il posto per lui!

  Inoltre, quando prego è necessario che io chieda con fede, se non ho fede cosa chiedo a fare? Sto perdendo tempo. Come dice la lettera di Giacomo ( Gc 1,6-3) in riferimento alla sapienza ” La domandi con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni”.

Nel chiedere, quindi, non si può essere come l’onda del mare, che va e che viene: “ci credo ma non ci credo”.

Spesso Gesù nell’operare miracoli diceva:” la tua fede ti ha salvato”; oppure “Sia fatto secondo la tua fede”.

Se noi siamo come le onde del mare quale fede abbiamo?

Non otteniamo niente perché non abbiamo la fede!

La fede è un dono che dobbiamo chiedere di continuo, dobbiamo invocare lo Spirito Santo perché  ravvivi la nostra fede.

 Per evangelizzare occorre preghiera e riconciliazione.

Ogni volta che ho un convegno prendo la mia agenda e comincio a vedere se c’è qualche amico, qualcuno con cui c’è qualcosa che non va e gli telefono, faccio atti di comunione, faccio atti di riconciliazione, perché non si può andare ad evangelizzare avendo un risentimento interiore.

La preghiera deve servire per fare verità dentro di me perché io possa fare atti di libertà, che mi liberano, che mi portano ad amare Dio e soprattutto riconosco che amo Dio, quando amo il fratello. Riconosco che amo Dio quando vado d’accordo con la mia famiglia, quando subito dopo il momento della crisi, chiedo perdono, cioè mi ravvedo.

Non tramonti il sole sopra la vostra ira, perché il diavolo di notte va in giro cercando di divorare quelli che sono deboli, dice la scrittura.

Pertanto, se ho litigato con mia moglie/marito prima di andare a letto, io ci faccio pace o se ho litigato con mia madre prima di andare a letto le vado a dare un bacio. È normale che accadano delle liti perché sono ancora umana, mi devo accettare nella mia fragilità.

Quindi, posso anche avere uno scontro, ma subito dopo chiedo perdono.

Lì è la crescita e non nel rimanere arrabbiato perché “Mara” mi ha ferito.

 Per evangelizzare devo capire che non sono io che porto gli altri a Gesù ma è Gesù che li attira, Gesù che passa attraverso di me/te ed è Lui che opera attraverso di me/te.

 

            Evangelizzazione e sottomissione

Per essere evangelizzatori occorre sottomissione a colui/colei che il Signore ha posto al di sopra di me: vescovo, direttore spirituale, responsabile nella comunità; non si va ad evangelizzare da nessuna parte se non c’è sottomissione, altrimenti una persona va in parrocchia, ascolta la messa e se ne va a casa, ma per crescere bisogna essere in comunità.

            Evangelizzazione e obbedienza

Per esserci comunione occorre sottomissione, per esserci libertà occorre obbedienza a colui/colei che il Signore ha messo al mio fianco e al di sopra in quel momento.

Ricordo che anni fa ero in ospedale per un grave incidente stradale, dove per miracolo non persi la vita; dopo dieci giorni, nonostante non riuscissi neppure a stare seduta su una sedia, il primario decise di dimettermi. Mia madre , avendo timore per le mie condizioni, voleva che io contestassi perché in effetti mi sentivo ancora troppo debole, ma dentro di me accettai perché pensai che il Signore in quel momento mi aveva dato il primario come mio superiore a cui era affidata la mia salute e a cui dovevo ubbidire in quel momento; pertanto se la sua decisione era che io dovessi uscire dall’ospedale significava che quella era la cosa migliore per me.

Benché uscii dall’ospedale con la sedia a rotelle perché non riuscivo a stare in piedi, a casa nel giro di tre giorni riconquistai completamente la mia autonomia; se fossi rimasta in ospedale sicuramente non vi sarei riuscita.

 

            Discesa dello Spirito Santo e Preghiera

 

Prima di Pentecoste tutti i discepoli fuggirono, avevano paura dei Giudei. Tommaso si era perfino allontanato dal Cenacolo, dagli amici, tant’è che quando venne Gesù non lo trovò con loro. Tommaso era talmente provato in quanto il Maestro, ormai, era  morto, e forse pensava  “cosa vado a fare con i fratelli?”.  Quindi è rimasto buggerato perché quando è andato Gesù  non ce l’ha trovato.

Il giorno di Pentecoste, tutti insieme erano riuniti nel Cenacolo a pregare e fu allora che scese lo Spirito Santo.

Quindi lo Spirito Santo scese mentre erano in preghiera.

Solo dopo aver ricevuto questo Spirito ebbero la forza di uscire fuori, di non aver più paura di testimoniare, di andare ad annunciare che Cristo era morto e risorto.

I discepoli dopo essersi formati nel Cenacolo, con Maria, finalmente pieni di Spirito Santo, furono pronti per evangelizzare.

Prima erano vissuti per tre anni con Gesù ma non ci avevano capito nulla, perché a volte affermavano una cosa, a volte un’altra; videro i miracoli e li fecero anche loro però non si rendevano conto realmente della divinità di Gesù e del progetto che Egli era venuto a realizzare sulla Terra.

 

            Vigilate e Pregate

(Mt 24,37-42.  25,13 e 1Ts 5,1)

Tessalonicesi  5,1-6: «Riguardo ai tempi fratelli non avete necessità che io ve ne scriva; infatti, come un ladro di notte, verrà a voi il Signore. Quando si dirà pace e sicurezza allora all’improvviso li colpirà la rovina come le doglie di una donna incinta e nessuno scamperà».

Chi ha incontrato il Signore non può dormire, non può sonnecchiare nelle cose di Dio, non può lasciar correre; il contatto con il Signore deve essere continuo, quindi dobbiamo abituarci a sentirci- essendo figli della luce- figli, durante tutte le 24 ore, avere questo rapporto diretto con Dio. Stabilisco ¼ d’ora, poi incremento ¼ d’ora la mattina, ¼ d’ora la sera, 30 minuti la mattina, 30 minuti la sera; cioè vado in crescendo aumentando i momenti di preghiera e nello spazio, fra l’uno e l’altro momento, partendo dal presupposto che la preghiera è respiro dell’anima, tutta la giornata si deve tramutare in preghiera , infatti,  non respiro una boccata d’ossigeno solo la mattina e poi un’altra boccata la sera, NO, tutto il giorno ho bisogno di ossigeno.

Quando si comincia la giornata con la Messa quotidiana, allora la giornata inizia  con la presenza del Signore dentro se stessi.

Pertanto quando dopo sono in Tribunale per  una causa, io sono  lì a pescare per il Signore; anche se sto svolgendo l’attività professionale, nel luogo di lavoro, vado a svolgere la mia attività di evangelizzazione.

Gesù cosa faceva? Dove andò a pescare Giovanni, Giacomo, Simone?

Sulla spiaggia, perché loro erano lì per pescare; lungo la spiaggia, in mezzo ai pescatori, lì lavoravano. Quindi a noi il compito di andare in mezzo ai Colleghi in Tribunale, perché questo è il nostro lavoro.

Se non andiamo noi, i sacerdoti non potranno andare là dentro.

 Se vedono un saio, scappano tutti; mentre la nostra testimonianza  non se l’aspettano e così ascoltano la Parola che viene loro donata e questa senz’altro non torna indietro senza aver prodotto frutto.

Non sta a noi vedere quando, ma è certo che la Sua Parola produce sempre frutto.

Mt 26,36  questo è il riepilogo di tutto l’insegnamento e questo ci deve far meditare:  il comportamento di Gesù che prima di andare a morire – prova terribile che lo attende- si ritira a pregare con le persone che Lui amava.

E poi si ritira ulteriormente, separandosi dagli altri, per stare da solo con il Padre.

Se stiamo attraversando un momento di tribolazione è inutile che andiamo in discoteca, o andiamo a chiacchierare, o a maledire la gente: è il momento in cui il Signore ci dice: “Devi stare con me, sopra il sasso”.

Se andate a Gerusalemme potrete vedere il sasso su cui Gesù si è sdraiato ed ha pianto sangue, pregò e pianse nell’Orto degli Ulivi.

Quando stiamo nella prova è il momento in cui, come dice il libro di Osea: “l’attirerò a me e la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”.

Il deserto significa “deserto”; non con gli amici che ti gratificano e ti dicono che ti vogliono tanto bene. A Gesù nessuno ha detto che gli voleva tanto bene, lo hanno tutti cacciato e lo hanno trattato tutti malissimo.

Alla fine è rimasto da solo sulla croce, per fortuna c’era Maria Santissima; quindi, nel momento della prova il Signore ti dice: “Vieni e lascia a me i tuoi pesi ed io parlerò al tuo cuore; e io ti istruirò; e ti farò maturare nella tua vita di santità, io ti condurrò verso la via della santità e ti farò fare quei salti che sono idonei per vincere”.

La meditazione è, quindi, sul comportamento di Gesù nella prova e sulla esortazione ai discepoli: Vegliate e pregate per non cadere in tentazione!