Intervento Mons. Mennini al Convegno “Colloqui per la pace” 19 giugno 2024 in Senato sala Koch

15 Lug 2024 | Convegni, Evangelizzazione dei politici

MONS. MENNINI (Nunzio Apostolico in Russia ed Inghilterra)
Buonasera, ringrazio tutti, ringrazio per l’invito a partecipare a questo incontro tanto importante e significativo sui temi della pace.

Ecco come accennava il Presidente, sono stato Nunzio apostolico prima in Bulgaria, poi lunghi anni della Federazione Russa e poi 7 anni in Gran Bretagna; poi ancora qualche anno in Segreteria di Stato e, poi, parafrasando quello che diceva Hemingway, “è suonata la campana”.

Venendo un po’ al tema tanto importante…riferendomi soprattutto alla Federazione Russa.

Tutti sappiamo che la statualità russa è stata definitivamente conquistata verso la fine del secolo 18° e difesa poi con i denti da tanti tentativi, i Mongoli no, ma dalle popolazioni ancora non colonizzate, diciamo così, della Siberia orientale. E sappiamo come questa grande estensione che supera i 17 milioni di km quadrati è sempre stata molto difesa dai vari regimi che si sono succeduti tanto da volere anche stabilire, come sappiamo, quasi una zona di cuscinetto, di salvaguardia di detta estensione; in questo scenario si possono anche valutare la richiesta dell’Urss, alla fine della Seconda guerra mondiale, proprio di avere quasi una cintura di Stati satelliti per fini di sicurezza ma anche funzionali alla sua economia. Ricordo, quando ero Nunzio in Bulgaria, mi facevano notare gli esperti come la loro produzione, per esempio, di patate l’80%, a parte il 20% destinato alla loro popolazione che non è molto ampia, quindi veniva tutto esportato nella Federazione russa.

In questa luce potremmo anche considerare credo l’attuale conflitto Russo-Ucraino. Ricordiamo per esempio le parole di Papa Francesco (l’abbaiare eccessivo della NATO intorno alla Russia), parole che ci riportano ai problemi del cd. “estero vicino”. L’intervento Russo recente in Ucraina non è esagerato dire che richiami quelli già operati tanti anni fa in Germania dell’Est nel ‘53, in Ungheria nel ‘56 e quello mancato in Polonia nel 1981 soltanto perché, così dicono gli analisti, il generale Jaruzelski aveva lui provveduto a compiere un colpo di Stato per evitare l’intervento delle truppe dell’allora Urss e del Patto di Varsavia.

Noi sappiamo che formalmente il sistema di Yalta è stato superato; però vediamo che tacitamente viene confermato anche nei grandi incontri tra capi di Stato: cioè nessuno parla più della logica di Yalta però questa logica di fatto è confermata appunto concretamente (tanto più che la Cina ancora sembra molto prudente, non prende posizione e non si schiera per l’uno o l’altro schieramento). Ebbene dobbiamo constatare che tutto sommato anche oggi quello che rende la pace meno evanescente, o la mancanza di conflitti generali, è l’equilibrio delle armi.

Noi, la nostra generazione, siamo cresciuti un po’ con la paura della bomba, della bomba atomica. C’era tutta una pubblicistica che parlava dei rifugi antiatomici. Oggi forse i ragazzi sono meno presi da questo timore, non se ne parla più tanto, questo è un dato di fatto, ma non è però che i motivi che stanno a fondo di questo timore sono stati superati: gli Stati, le grandi potenze continuano ad armarsi, continuano ad incrementare i loro arsenali e, ancora peggio, se consideriamo che alcuni trattati di controllo sulle armi sono stati un po’ superati e messi da parte. Ecco c’è il rischio che andiamo in una situazione in cui non c’è più un’entità, anche superiore, che possa cooperare a mantenere, insomma, soprattutto un po’ il dialogo fra queste potenze.

Finché la gente parla, finché i grandi potenti si parlano, questo mi sembra una cosa molto positiva e noi certamente dobbiamo incrementarlo. Parlo non solo per la Chiesa, per la Santa Sede ma penso anche l’Italia. L’Italia, pur avendo sempre, dal ‘49 fatto parte dello schieramento della NATO, però ha sempre cercato di mantenere, di sviluppare un dialogo anche con la parte dell’Europa dominata dall’Unione Sovietica. Basti pensare un po’ alla politica estera guidata da tanti ministri degli Esteri, da La Pira, Fanfani, lo stesso on. Moro e tanti altri.

Credo che questo sia un po’ la strada per il superamento un po’ di steccati che certamente hanno sempre meno senso perché l’umanità è un’unica famiglia come diceva Giovanni XXIII nell’enciclica “Pacem in terris” e noi dovremmo veramente lavorare per questo. Certo è difficile, i problemi sono tanti però credo che non dobbiamo desistere.

Tornando alla guerra in Ucraina, non possiamo non constatare come questo conflitto abbia messo, per usare un’espressione che ho trovato in un analista, un po’l’Unione Europea in ginocchio, costretta a spezzare i rapporti con la Russia, rapporti che per molti versi erano molto produttivi e molto positivi. Oggi c’è un grande timore a farsi vedere “amici della Russia”, giustamente sono un Paese invasore. Però conosco abbastanza bene l’attuale ambasciatore della Federazione Russa a Roma (perché era un direttore generale del Ministero degli Esteri quando ero Nunzio apostolico della Federazione russa) recentemente mi diceva “Purtroppo quando io apro qui la porta dell’Ambasciata, la sede storica a via Gaeta, c’è tutto un muro, non si riesce, non si sa con chi parlare”.

Quindi penso che sarebbe un errore non cercare di promuovere piccoli germi, piccoli segni di innovazione, di desiderio di cambiamento, di eliminare certe posizioni troppo acute, troppo contrastanti.