Green pass e Costituzione- Criticità

8 Set 2021 | Covid

AVVOCATURA IN MISSIONE

 

 

                                                           GREEN PASS E COSTITUZIONE

                                                                          CRITICITA’

Il DL n. 44 del 1.04.2021, convertito con L. n. 76/2021, ha disposto l’obbligo alla vaccinazione anti malattia Covid-19 (rectius: per la prevenzione dell’infezione dal virus Sars-CoV-2) per il personale sanitario che svolge l’attività nelle strutture sanitarie.

Inoltre, il DL n. 105/2021 ha disposto per l’accesso a diversi servizi la certificazione verde, che richiede tra l’altro la vaccinazione anti Sars-CoV-2.

Di seguito, il DL n. 111/2021 ne ha disposto l’obbligo per il personale scolastico e per gli studenti universitari.

Tale complessa normativa introduce surrettiziamente un obbligo vaccinale per talune categorie di soggetti e per l’accesso a determinati servizi.

Mentre si evidenzia che i vaccini anti Sars-Cov-2 sono stati autorizzati al commercio con riserva, si osserva altresì che questa disciplina sembra porsi in contrasto con diverse norme costituzionali, tra le quali si focalizza l’attenzione in particolare sugli artt. 11 e 32 Cost.

ART. 11 COSTITUZIONE

Come noto, gli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione italiana risultano la emanazione del principio internazionalista, il quale riconosce la pluralità degli ordinamenti giuridici e la efficacia nel diritto interno delle norme esterne ad esso.

Tra queste viene dato rilievo alle fonti del diritto comunitario (i trattati come fonti primarie ed i regolamenti e le direttive come fonti secondarie), che sono equiparate nella gerarchia delle fonti agli atti normativi interni.

In particolare, l’art. 11 Cost. riconosce la possibilità di limitazioni di sovranità (a condizione di parità con gli altri Stati) verso ordinamenti che assicurino pace e giustizia tra le Nazioni.

In questo senso, nella evoluzione della giurisprudenza della Corte Costituzionale, si riconosce il primato del diritto comunitario sul diritto interno, salvo che per le disposizione contrarie ai princìpi fondamentali dell’ordinamento italiano.

Ciò vale in particolare per i regolamenti dell’Unione europea, che costituiscono atti normativi di portata generale e direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri, senza necessità di adottare provvedimenti nazionali di attuazione.

Per quanto riguarda la materia della certificazione verde, il Regolamento europeo n. 953 del 14.06.2021 stabilisce che:

  • (considerando n. 36) “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate”;
  • (art. 3 comma 6) “Il possesso dei certificati di cui al paragrafo 1 non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione”;
  • (art. 3 comma 7) “Il rilascio di certificati a norma del paragrafo 1 del presente articolo non comporta una discriminazione basata sul possesso di una specifica categoria di certificato di cui agli articoli 5, 6 o 7”.

Data la premessa sopra accennata relativa alla gerarchia delle fonti, si deve concludere che la disciplina di cui ai DL n. 44/2021, DL n. 105/2021 e DL n. 111/2021 debba essere conformata al regolamento n. 953/2021, con la conseguenza che debba essere espunta ogni norma che impedisca, in assenza di vaccinazione o comunque di certificazione verde, lo svolgimento delle attività o la libera circolazione che essa tenda ad impedire.

Analoga conclusione deve ripetersi quanto all’armonizzazione dei citati DL con l’art. 28 del Regolamento dell’Unione Europea n. 536/2014, in base al quale nessuna ritorsione, sanzione, conseguenza di qualsiasi genere può essere comminata al lavoratore che non presta il consenso ad un trattamento vaccinale tutt’ora solo autorizzato al commercio con riserva nella Unione Europea.

Di conseguenza, non possono trovare applicazione le previste sanzioni avverso la mancata vaccinazione al personale sanitario e scolastico.

Si aggiunga inoltre, quale ulteriore fonte normativa di rilievo internazionale, la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, per la quale la ratifica e l’esecuzione sono state disposte con L. 28 marzo 2001, n. 145.

Trattasi dunque di un accordo internazionale il cui contenuto è stato recepito nell’ordinamento italiano con una legge dello Stato.

L’accordo stabilisce tra l’altro:

  • (art. 5) “Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso”;
  • (art. 8) Allorquando in ragione di una situazione d’urgenza, il consenso appropriato non può essere ottenuto, si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata”;
  • (art. 10) “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata allorché si tratta di informazioni relative alla propria salute”.

Si osserva quanto all’art. 5 citato come la normativa contenuta nei DL indicati manchi del requisito ivi stabilito circa il libero consenso informato.

Quanto all’art. 8 citato, si evidenzia come nell’imporre la vaccinazione assuma rilievo unicamente il beneficio della persona interessata, che deve essere concretamente provato, in mancanza del quale non può procedersi all’intervento.

Quanto all’art. 10 citato, la certificazione verde prevista dai DL sopra riportati e le modalità di recepimento delle informazioni vaccinali del personale sanitario stridono con la previsione della Convenzione di Oviedo.

Infine, si deve rammentare che il Consiglio d’Europa con la risoluzione n. 2361/2021 (Considerazioni sulla distribuzione e somministrazione dei vaccini contro il COVID-19, Anno 2021), si è espresso sul tema.

La risoluzione, pur non essendo direttamente vincolante e non venga annoverata tra le fonti del diritto, ha una portata politica preminente, anche perché coerente con la normativa positiva di tutela della salute.

Il Consiglio d’Europa con tale risoluzione ha indicato che la vaccinazione avvenga su base volontaria ed ha affermato che nessuno debba subire pressioni politiche, economiche e sociali per procedere alla vaccinazione.

In particolare, si evidenzia quanto riportato nel punto 7:

7.3 per quanto riguarda la garanzia di un elevato assorbimento del vaccino:

7.3.1 garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera;

7.3.2 garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato;

7.3.3 adottare tempestivamente misure efficaci per contrastare la disinformazione, la disinformazione e l’esitazione riguardo ai vaccini Covid-19;

7.3.4 distribuire informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali dei vaccini, collaborando e regolamentando le piattaforme di social media per prevenire la diffusione di disinformazione;

7.3.5 comunicare in modo trasparente i contenuti dei contratti con i produttori di vaccini e renderli pubblicamente disponibili per il controllo parlamentare e pubblico.

Anche il confronto con tale atto di rilievo internazionale evidenzia il contrasto della disciplina prevista nei DL citati.

ART. 32 COSTITUZIONE

La norma costituzionale pone una riserva di legge statale per la imposizione di un trattamento sanitario, e delimita comunque il potere dello Stato al criterio del rispetto della persona umana.

La giurisprudenza si è espressa in applicazione di tale principio anzitutto riconoscendo il diritto all’indennizzo (oltre al risarcimento) in caso di lesioni da vaccinazioni obbligatorie, o necessarie (o solo raccomandate), o da contatto con vaccinati (L. 25-2-1992 n. 210; C. Cost. n. 268/2017).

Inoltre, la scelta tra la tecnica dell’obbligatorietà e quella della raccomandazione deve essere fondata su obiettive e riconosciute esigenze di profilassi (Corte cost., 14-12-2017, n. 268).

Si evidenzia poi che il Ministero della salute è responsabile se, all’epoca dei fatti, sia conoscibile, secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili, la pericolosità di un certo tipo di vaccino e se, quindi, il principio di precauzione impone di vietarlo (Cass. civ. Sez. III, 27-04-2011, n. 9406).

Quanto alle conoscenze scientifiche acquisite, occorre individuare con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, e determinare se e quali strumenti diagnostici, idonei a prevederne la concreta verificabilità, siano praticabili su un piano di effettiva fattibilità.

Si pretende inoltre che vengano individuati e prescritti gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze.

Si sottolinea altresì che un trattamento sanitario sia legittimo solo qualora comporti le conseguenze negative che appaiano normali e, pertanto, tollerabili (C. Cost. sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).

Anche tali profili evidenziano la criticità della normativa introduttiva del cd. Green pass, in quanto ignora gli effetti negativi che possano derivare dalla somministrazione a cui vengono costrette determinate categorie di soggetti.

Roma, 08/09/2021

 

Avvocatura in Missione

Avv. Anna Egidia Catenaro

Avv. Piero Carletti