Conferenza 11 luglio 2007 Auditorium Cassa Nazionale Forense – Roma

18 Nov 2009 | 2004-2010

Conferenza 11 luglio 2007 Auditorium Cassa Nazionale Forense – Roma

 

 

” La coerenza del professionista e del politico alle norme etiche e deontologiche”

Avv.Catenaro :

Abbiamo posto questa comunione fra politico e professionista in quanto la nostra Associazione “Avvocatura in Missione” ha ad oggetto l’evangelizzazione non solo nel campo della giustizia ma anche nel campo legislativo, in quanto la chiamata è stata quella di rivolgersi ai ricchi, ai potenti della terra ed i ricchi, i potenti della terra siamo noi: avvocati, magistrati, politici; in quanto noi abbiamo le redini del mondo. Non c’è nessuna giustizia sociale che non parta dal cuore dell’uomo.

Poi prenderemo in esame l’ultimo documento del Papa”Sacramentum caritatis” che consiglio a tutti di leggere, dove si parla anche di coerenza per il politico e per chi riveste un ruolo sociale e da qui è venuta l’idea di fare una conferenza che potrà essere l’inizio di una serie di conferenze, poiché sappiamo che in un’ora non potremo sviscerare ampiamente il tema della deontologia e delle norme etiche e come poterle vivere nella nostra vita.

 

 

On.le Carlo Giovanardi :

Io metterei prima i magistrati perché ho una grande deferenza per loro, per il ruolo che svolgono e per il potere che rivestono.

Mi sono fatto alcune idee, se ho ben capito lo spirito di questa Associazione è quello di portare il Vangelo nel luogo di lavoro, laddove si interpella particolarmente la coscienza di ogni singolo individuo, uomo o donna che sia, quando esercita un certo tipo di attività. E partirei da lì .

Non credo che questo Paese possa andare avanti, chiunque siano i governanti e qualunque sia la formula che lo governi, se non c’è una società formata da persone orientate al bene comune e con la chiara consapevolezza del limite tra il bene e il male.

Faccio un esempio: ci siamo appena affaticati in Parlamento sul nuovo codice della strada, sulle sanzioni, sul ritiro della patente, la patente a punti e mi veniva spontanea una riflessione: “…negli Stati Uniti le cose funzionano benissimo perché appena uno sgarra il limite di velocità la Polizia lo ferma e subito c’è la sanzione, il 99% delle persone negli Stati Uniti rispetta il limite di velocità, e quindi se qualcuno sgarra è anche abbastanza facile identificarlo e punirlo Ma poiché sulle autostrade italiane il 99% non rispetta i limiti vedo un po’ difficile per la Polizia riuscire a pescare quei 99 su 100. Allora è un fenomeno tipicamente italiano, che poiché il 99 su 100 non rispetta la regola, polizia, magistratura, carabinieri, magari riusciranno, tra i 99 che non rispettano le regole, ad identificarne 5.

I 5 identificati non pensano di essere oggetto di una azione di giustizia ma pensano : ” che ingiustizia, il 99% sgarra e vengono proprio da me che sono fra i cinque sfortunati a cui viene applicata una sanzione?”. E’ dunque certamente necessario, il rispetto ed una adesione alla norma da parte di un individuo all’interno di una società .

Quello che mi affascina di quest’incontro è la relazione diretta o indiretta che ci dovrebbe essere fra il Vangelo, l’adesione agli insegnamenti della fede cattolica ed i comportamenti pratici della vita quotidiana; molte volte chi si dice cattolico …vedo che non sempre agisce come dovrebbe nei comportamenti, nello stile di vita

C’è una cosa che mi colpisce: stamattina sono andato ad una relazione sulle tossicodipendenze in Parlamento ed in questo dibattito sulla sanzione, molto vicino al mondo del diritto, la tesi di fondo era: “per l’amor di Dio non dire che un fatto è proibito perché se dici che una cosa è proibita allora la fanno tutti. Non andare a dire ai giovani che la cocaina, l’eroina fanno male. Soprattutto non applicare alcuna sanzione perché se no diventa una sfida”.

Mi sembra che una norma senza sanzione sia abbastanza inefficace. In merito le statistiche sui reati lasciano parlano chiaro ma lasciano il tempo che trovano…A chi consuma cocaina ad esempio ritirano la patente perchè il consumo della cocaina è un grande problema, ma lo sono anche i furti. So che il 95% dei furti rimane inpunito, però non ho trovato qualcuno che dica abroghiamo dal codice penale il reato di furto. Allo stesso modo ho qualche dubbio che il comandamento “non rubare” possa diventare lecito perchè i ladri sono tantissimi e la legge non riesce a perseguirli tutti. Per conseguenza ho qualche dubbio anche sul fatto che il concetto di sanzione debba essere preso sottogamba. Anche nel Vangelo è segnato ben precisamente un confine ed un limite fra un premio ed una condanna, fra il peccato e le sue conseguenze, fra il Paradiso e l’inferno. Se come cattolico mi dicono che un determinato comportamento nella vita, rispetto a se stesso e rispetto agli altri, è assolutamente indifferente rispetto alle conseguenze perché qualunque cosa fai nella vita d’illecito, d’immorale, tu sei comunque salvo perché la misericordia di Dio è enorme, questo mi mette in crisi. Qualche insegnamento che mi hanno dato nei salesiani metterebbe in crisi anche il comportamento pubblico dei cattolici. Qualche volta viene da pensare che i cattolici si comportano in maniera tale da non credere a quello che è scritto nei Vangeli, da non credere che ci sia, per i comportamenti tenuti in vita, un premio o una sanzione.

Riporto una delle accuse che molte volte storicamente è stata fatta alla Democrazia Cristiana: “perché voi negli anni 50/60/70 non avete avvicinato i giovani bravi, non avete fatto Scuole per magistrati, come hanno fatto altri partiti?”. Io ci ho pensato un po’ e poi ho dato la risposta: “Perché non siamo comunisti, perché crediamo che una persona formata correttamente ai principi del Vangelo, nel momento in cui fa l’avvocato, o il magistrato e deve trovarsi a giudicare gli altri, mai e poi mai accetterà davanti alla sua coscienza di piegarsi a logiche di partito e di convenienza, a logiche che non sono quelle che la sua coscienza gli detta. Una vicenda giudiziaria non può essere usata strumentalmente per altri fini, ma va condotta rettamente al di là di ogni calcolo politico. Abbiamo visto nel secolo scorso la sorte di ideologie come il il nazismo, il fascismo, il comunismo che pensavano di rifare l’uomo. Credo che noi siamo tutti convinti che la perfezione sia dopo, non qua, che la perfezione sulla terra non si raggiunga perchè c’è stato il peccato originale. Quindi l’impegno in politica, nell’avvocatura, nella magistratura, nelle professioni deve essere quello di rendere il mondo più vivibile ma non certamente perfetto, perché risolto un problema ne nasce un altro e così via. Ogni cosa che fai ha una controindicazione: la ricerca del perfettismo sulla terra ha portato a centinaia di morti senza risolvere alcun problema. Questo limite che è anche un enorme limite morale che interpella la coscienza evitando che ognuno di noi si lasci andare a determinate forzature.

Ho visto, in alcuni Colleghi parlamentari una sorta di autocritica non espressa di fronte ai drammi che abbiamo vissuto, gli esili, i suicidi, omicidi, ed ho l’impressione che di fronte alle aspettative che avevano, di fronte ad una realtà che non cambia sono andati in crisi loro stessi. Mi riferisco anche ai tempi del dopo la guerra, magari a quei politici che hanno ammazzato un po’ di preti ed hanno pensato che ammazzando un po’ di preti il mondo diventasse migliore. Quegli stessi attivisti sono andati a loro volta in crisi perché si sono accorti che le loro illusioni giovanili invece di produrre qualcosa di utile, hanno prodotto soltanto dei disastri. Per quanto mi riguarda questa riflessione di fondo su come ogni singolo credente può muoversi dove lavora, dove opera per il bene comune come politico, come magistrato, come avvocato, possono nella loro specificità dare un contributo a un mondo migliore seguendo quello che il Vangelo dice, senza lasciarsi sviare da teorie che poi durano lo spazio di un mattino. Tutto questo mi sembra una cosa interessante, come è stato interessante iniziare con una preghiera che ci ricorda che quello che facciamo deve essere sempre guidato da Qualcuno che ne sa molto più di noi.

Io penso che sia opportuno svolgere questa breve relazione partendo da quella che è la propria esperienza personale.

Io sono stato magistrato per 47 anni fino a due mesi fa. Anch’io ho iniziato questa attività, come penso altri lo abbiano fatto, senza rendermi bene conto della importanza, della gravosità di questo compito che mi veniva affidato.

Per restare sul tema specifico da trattare, non avevo abbastanza chiara l’esigenza che avrei potuto e dovuto incarnare nella attività professionale che costituisce una parte fondamentale dell’esistenza i principi nei quali dicevo di credere. Questa è una tentazione continua che si insinua anche in maniera un po’ subdola cioè quella di confinare il proprio credo religioso nella sfera privata e farne un qualcosa di staccato dall’attività: Io credo, prego, frequento i sacramenti però poi nella vita vado avanti come se tutto questo non ci fosse. Questo è un modo di agire farisaico. Quante volte nel Vangelo c’è questo rimprovero che Cristo fa ai farisei che si professano osservanti della legge e poi opprimono le vedove…

Venendo al concreto a considerare la coerenza ai principi etici e deontologici, subito si è portati a pensare a casi particolarmente gravi, al tentativo di corruzione di un magistrato, per un avvocato alla presentazione di testimoni falsi in una causa, questi sono casi eclatanti ed è troppo evidente il comportamento da tenere, non solo per i cristiani ma anche per chi professa altre religioni, ed anche per un non credente.

Il difficile viene però quando questo comportamento deve essere attuato, sappiamo come ci si dovrebbe regolare, il difficile viene in quel momento lì, perché non è certo tanto facile, scontato, riuscire per un avvocato a rinunciare ad una vittoria che si potrebbe ottenere con mezzi illeciti che quasi certamente non verrebbero neppure scoperti, oppure per un magistrato rinunciare ad un vantaggio, qui non mi riferisco soltanto al vantaggio economico ma anche ad una facilitazione di carriera, o alla popolarità, sposando una tesi ingiusta.

Ci sono dei casi e noi ne abbiamo degli esempi nei quali adottare una condotta coerente con i propri principi può portare anche ad una insicurezza della vita, ci sono alcuni che hanno pagato con la vita.

Ci si potrebbe domandare allora cosa bisognerebbe fare, a me sembra che si tratta di ascoltare fra le tante voci che si possono fare sentire dentro di noi in quel momento, voci spesso contrastanti l’una con l’altra, ascoltare la voce di Dio. La sola che non ci porta fuori strada.

Dio non è che ce lo viene a dire nell’orecchio quello che dobbiamo fare. Ci parla attraverso al coscienza, ci parla anche attraverso la ragione illuminata dalla Sua Parola., ci dà anche la forza, e penso che non sarà negata neppure ai non credenti. Dio ama tutti e non vorrebbe che nessuno sbagliasse, andasse fuori strada.

Tutto questo comporta un notevole dolore, una notevole sofferenza, è qualcosa che va pagato che non avviene così tanto facilmente.

Poi oltre ai casi a cui ho accennato, e poi non è detto che si debbano verificare sempre o molto spesso…la riflessione sulla coerenza ai doveri etico-professionali dovrebbe riguardare anche il nostro lavoro quotidiano, il lavoro ordinario. Io intendo riferirmi a quelle questioni che non fanno storia, che non suscitano un particolare interesse, che magari forse per queste ragioni ci rimangono ostiche. Nella nostra attività che per molti aspetti è simile a quella del medico, perché ci mette a contatto con il negativo dell’umano, della società, non dovrebbe mai esserci la routine, la ripetizione monotona, senza entusiasmo, perché noi dovremmo saper vedere che al di là di quelle carte c’è comunque una situazione umana, ci sono delle persone che soffrono, c’è un rapporto che si è alterato e che va ricostituito. Per cui la necessità spesso trascurata, che ogni questione anche quella che può sembrare di scarsissimo rilievo va studiata ed approfondita.

Mi è venuto, proprio in relazione a questo, un ricordo di moltissimi anni fa, di un episodio avvenuto negli anni 60, un avvocato penalista, a Sassari, un avvocato che andava per la maggiore, che di solito difendeva in Assise, una volta fu chiamato a difendere in Pretura, non ricordo per quale reato, forse una contravvenzione, io rimasi ammirato nel vedere questo avvocato con quale cura trattava la questione e prospettava con argomenti validi la tesi favorevole per l’assistito. Rispetto ai casi che lui trattava in Assise, omicidi etc, non era certo un argomento di particolare interesse. Tant’è che ricordo che dopo qualche tempo questo avvocato morì e si usava fare una breve commemorazione nell’udienza ed io ricordo che ricordai proprio questo episodio.

Ecco a questo punto per entrare nel vivo di quello che dovrebbe essere la coerenza al massimo principio per un cristiano, è quello della carità, quello della fedeltà al comandamento nuovo, che è il più difficile da attuarsi, noi dovremmo ad un certo punto porci questa domanda.

E’ possibile vivere anche nella professione questo comandamento?:”amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”, anche nella attività professionale?

Io ricordo che mi fu domandato tanti anni fa da un giovane. Questa domanda mi mise in crisi, mi disse ‘come puoi tu conciliare questo comandamento, che non è un consiglio evangelico ma è un comandamento?’ “Vi do un comandamento nuovo…” è al pari di non rubare, non dire falsa testimonianza. Come puoi farlo tu e conciliarlo con l’obbligo che ha il giudice di applicare la legge, obbligo che comporta l’applicare la legge, il dovere di punire, di erogare sanzioni…Ebbene il punto è questo. Dio, ci chiede di vivere questo comandamento nel mondo per quello che è, che non era perfetto quella notte dell’ultima cena che lui si diede ai suoi discepoli, non lo è stato mai, né lo è ora.

Eppure Dio ci chiede di vivere la carità in questo mondo. Va detto che la carità non va confusa con il buonismo. L’applicazione della legge, se attuata in una certa prospettiva che è quella di volere il bene comune, della società, il realizzare il disegno di Dio ricostituendo questo rapporto, sia che si tratti di materia civile, sia che si tratti di materia penale , rapporto che si è alterato dunque, tutto questo è carità.

Carità che si richiede all’uomo in un mondo come questo. Mi sembra che la strada più valida per attuare la vera giustizia, sia proprio il cercare di vedere comunque nell’altra persona, – per gli avvocati sarà diverso-, a me non è mai capitato di vederlo, di vedere dei fratelli..

Tutto questo comporta uno sforzo, un costo che non è certo inferiore a quello che si richiede negli altri casi a cui accennavo prima.

Io vorrei ricordare una mia esperienza, su questo punto.

Io in questi 47 anni ho fatto molto poco la materia penale, l’ho fatta soltanto in Pretura quando la Pretura si occupava di reati di scarso rilievo, gran parte erano contravvenzioni; dopo vari anni fui assegnato alla Corte d’Appello e mi capitò un’Associazione Criminosa di cui avete senz’altro sentito parlare (la banda della Magliana), si trattava di un delitto efferato gravissimo, un omicidio commesso con particolare crudeltà, c’era crudeltà commessa nei confronti dei familiari di questa vittima, c’era il peggio del peggio, io rimasi sconvolto e confesso che se in quel momento mi fossi trovato davanti a quel responsabile l’avrei fatto a pezzi, tanta era la mia rabbia. Questo certo non è il compito del giudice, mi venne un attimo in testa e mi ricordo di quelle parole che in una lettera di S.Paolo si leggono: “pur essendo Cristo senza peccato, Dio lo trattò da peccato” . Quest’uomo, Gesù che si fa solidale con il più incallito…con il peggio del peggio dell’umanità, con il peggio dei peccatori. E quindi anche in questa persona arrivata a questo livello così basso, io dovevo vedere Lui, e questo mi ridiede in quel momento la serenità del giudizio.

Mi fece superare quel momento difficile, questo dovrebbe essere una qualche cosa che dovrebbe guidare un po’ tutti, per gli avvocati la questione potrà essere un po’ diversa ma questa è la maggiore coerenza al dovere etico-professionale.

 

 

Avv.Anna Egidia Catenaro

 

 

L’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis” al n.83 parla di “coerenza eucaristica” : “Il culto gradito a Dio, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede”.

Questo è proprio il tema di oggi, ma è anche il tema che io propongo e ripongo forse anche in maniera sottile nelle nostre conferenze, perché ritengo una cosa importante, vera: chi ha fatto un incontro personale e vivo con il Signore è una persona coerente ai principi evangelici, quindi non ci sarebbe bisogno di fare alcuna conferenza, alcun convegno, non ci sarebbe neanche bisogno che il Magistero si scomodasse ad emanare vari documenti se i cattolici battezzati fossero veramente credenti, professanti e veramente mettessero in pratica quel seme che è stato inserito nel battesimo. La coerenza dipende secondo me dal profondo rapporto personale con il Signore.

Quando abbiamo colleghi o politici che dicono ” il Magistero della Chiesa non deve immettersi in situazioni sociali, nelle normative”, lo abbiamo ascoltato nelle ultime “discussioni” sulla legge Dico, accade ogniqualvolta una proposta di legge non è consona alla legge naturale abbiamo da parte della stampa questi attacchi nei confronti del magistero.

La Congregazione per la Dottrina della fede nel 2002 aveva come prefetto il Cardinale Ratzinger il quale emanò la Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. In questo testo viene spiegato che “il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico, né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti.

Esso intende invece- come è suo proprio compito- istruire e illuminare la coscienza dei fedeli”. Il fedele che rifiuta il Magistero è una persona che in sé non ha l’umiltà di accettare che qualcuno sia più illuminato; tutti nel battesimo abbiamo ricevuto lo Spirito santo però i vescovi, i cardinali e ancor più il Santo Padre, hanno anche un ministero, quindi hanno delle luci spirituali ancora più profonde per guidare tutto il popolo di Dio. “L’insegnamento sociale della Chiesa non è un’intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici interiore alla loro coscienza che è unica ed unitaria”. La Chiesa non dà un obbligo al cattolico di seguire ed essere coerente. Vi è un altro obbligo, quello che ci ha dato il Signore, lo ricordava il Dr.Bozzi:”Amatevi come io vi ho amati” e allora io che sono donna di giustizia, uomo di giustizia o uomo di potere quale è il comandamento nuovo che mi è stato affidato. Cosa debbo io andare a tutelare con la mia professione? Quali sono quei diritti inalienabili, i diritti su cui la legge non dovrebbe legiferare o quanto meno l’uomo cattolico, la donna che veramente ha un profondo rapporto con il Signore dovrebbe astenersi dal votare leggi inique astenersi dal promulgare, fare pubblicità ed astenersi dal commentare quando la Santa chiesa cattolica ci ricorda quali sono i principi etici, quale è ale legge fondamentale che è iscritta dentro i nostri cuori.

Il problema è che le menti, i cuori, le coscienze, molte sono sopite, per cui non si ha questa capacità di discernere cosa c’è dentro il nostro cuore, quale è la legge che è stata scritta dentro il nostro cuore, per questo occorre questo rapporto profondo e continuo con il Signore. E come? Io predico sempre sulla preghiera, la preghiera è il respiro dell’anima, come una persona ha bisogno dell’ossigeno tutto il giorno per alimentare il proprio corpo, così l’anima ha bisogno della preghiera. Non si fa una boccata di ossigeno la mattina e poi non si respira più tutto il giorno, così non ci possiamo fare il semplice della croce la mattina ed essere così quei farisei che hanno assolto il loro dovere, o andare semplicemente a messa la domenica, occorre un rapporto continuo con Dio, durante tutta la giornata, se non lo possiamo fare con la preghiera anche quando stiamo esercitando la nostra professione …ecco il Presidente ci ricordava:”Il cliente sia un nostro fratello”. Non sia la persona da portare assolutamente in Tribunale affinché ci paghi la parcella, molte cause potrebbero essere evitate, siamo noi che gestiamo le cause, noi possiamo da un evento costruire tante cause attorno, allora se noi abbiamo una coscienza vera, di fronte non abbiamo qualcuno a cui chiedere il più possibile le parcelle ma una persona da consigliare e se ha torto e noi riteniamo che abbia torto secondo la legislazione e anche secondo la nostra coscienza, non dobbiamo aver paura di perdere il cliente che poi va da un altro avvocato che gli fa ugualmente la causa allora tanto vale che glie la faccio io.

No io sono e rimango coerente. L’onestà significa questo, la coerenza al Vangelo significa questo. Se io sono figlio di Dio sono coerente.

Il riferimento già fatto dall’altro relatore è che non c’è una divisione tra la nostra parte spirituale e la nostra professione.

Nella Nota della Congregazione per la dottrina della fede si legge:” Nella loro esistenza non ci possono essere due vite parallele, da una parte la vita cosiddetta ‘spirituale’ con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra la vita cosiddetta ‘secolare’, ossia la vita di famiglia, di lavoro,dei rapporti sociali dell’impegno politico e della cultura.”Perché io stessa ho sentito tante volte da Colleghi:”Un conto è la religione, un conto è quando debbo esercitare la professione. E così anche i politici che si sono scandalizzata contro la Chiesa che si è permessa di dire “No” alla legge Dico, ma la Chiesa svolge il ministero e lasciamoglielo fare, visto che siamo in regime democratico, ringraziamo il Signore che non abbiamo un sistema totalitario, quindi ognuno è libero di esprimere la propria opinione e poi quella di seguirla. Ma dobbiamo semplicemente riconoscere questo:chi ha avuto un rapporto con il Signore, un rapporto vero con il Signore è una persona coerente e non scinde, non ha due personalità, una quando va in chiesa ed una quando sta nel proprio studio professionale.

La coerenza è ventiquattro ore su ventiquattro. Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis , negli ultimi capitoli ( cap.83,89) ci ricorda varie cose .”E’ fuori dubbio che condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della giustizia, la riconciliazione ed il perdono” (cap.89).

Chi deve restaurare la giustizia se non prima noi che siamo coloro che sono demandati a lavorare ad amministrare la giustizia, nelle nostre mani è il diritto e la giustizia.E qui si parla di giustizia giudiziaria ma si parla anche di giustizia sociale, allora perché la nostra chiamata è orientata verso i potenti della terra che a mio avviso sono gli avvocati, i magistrati, i politici, perché nelle nostre mani circola tutta la giustizia, giudiziaria e sociale.

Allora se esiste ancora la fame nel mondo, ” non possiamo rimanere inattivi – dice Benedetto XVI- di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto fra i ricchi e poveri a livello mondiale (cap.90).

Se vogliamo riequilibrare le questioni del mondo, sicuramente dovremmo toccare questa nostra chiamata: il cuore dei ricchi, dei potenti della terra. Lo Spirito santo può toccare il cuore dell’uomo, non saranno le nostre parole che possono anche essere forbite, non sarà il teologo, ma ciò che potrà riequilibrare le sorti del mondo sarà la conversione dei politici, dei governanti, i quali emaneranno leggi anche a tutela di tutte le parti del mondo o come si dice anche nel documento S.C.”basterebbe non spendere ulteriori soldi per gli armamenti e la fame nel mondo cesserebbe”. Allora noi siamo responsabili di questo, cioè sia della giustizia giudiziaria, sia della giustizia sociale.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”ci obbliga a fare tutto il possibile. Noi che siamo “i ricchi” a cui non manca il pane quotidiano pensiamo a quante persone, nell’altra parte del mondo stanno morendo di fame. Nella Conferenza che abbiamo avuto con l’Ambasciatore Tony Hall, presso l’ONU, fece il suo intervento e oltre a raccontarci della sua conversione, è stato soprattutto un testimone della fame nel mondo. Mandato dall’America in varie parti del mondo povero e un giorni si trovò disperata nel vedere che poteva aiutare 10 bambini e 5 rimanevano condannati alla morte perché non ci erano aiuti. Noi forse dovremmo fare questi viaggi, andare a vedere questi luoghi, la gente che muore per la fame e forse il nostro vissuto quotidiano sarebbe diverso. Sarebbe diverso il modo di gestire le nostre finanze,le nostre economie, che magari saranno anche povere ma rispetto ai veri poveri della terra, possiamo dirci di essere ricchi.

Nella Nota Dottrinale leggiamo che “la Chiesa venera fra i suoi santi numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle attività politiche e di governo. Tra di essi, S.Tommaso Moro, proclamato Patrono dei governanti e dei Politici , seppe testimoniare fino al martirio la dignità inalienabile della coscienza , Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso…e affermò con la sua vita e con la sua morte che ‘l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale’”.

Vi voglio lasciare con questo interrogativo: sono io avvocato disposto a rinunciare ad una parcella e non mettere a repentaglio la mia coscienza? Io magistrato sono disposto a non ricevere una bustarella o un tappeto rosso di una persona che mi fa la riverenza e non emette una sentenza ingiusta? Il politico è disposto a rinunciare anche alla propria poltrona per essere coerente ai principi evangelici?

Noi siamo disposti ad arrivare sino al martirio per essere coerenti al Vangelo di Dio?

Dr Giusepe Bozzi già Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Roma

Grazie per l’invito, il tema in oggetto è molto difficile, molto ostico, molto complesso e richiederebbe approfondimenti di tipo culturale, di tipo teologico. Nella mia esperienza personale ho frequentato il mondo cattolico: le suore, per quattro anni i Salesiani, poi la scuola pubblica, la parrocchia, ho quindi una formazione metà laica metà cattolica. Sono avvocato anche se esercitavo presso l’Ufficio legale di un Istituto di Credito. Essendomi poi capitato nel 1980 di essere eletto consigliere regionale e poi parlamentare nel 92, e avendo rivestito vari incarichi, io avevo lasciato là nell’ufficio legale una targhetta”torno subito” ma poi i casi della vita mi hanno tenuto lontano. Ho comunque avuto modo, nella formazione professionale, nel mondo cattolico, nel consiglio comunale di Modena, nel Parlamento, nel Governo, di avere una infarinata di come vanno le cose al mondo, anche fra gli Avvocati, i magistrati, ed i politici.La conferenza odierna ha ad oggetto “La coerenza del professionista e del politico alle norme etiche e deontologiche” abbiamo invitato l’On.Giovanardi ed il Pres. Bozzi. 

 

” La coerenza del professionista e del politico alle norme etiche e deontologiche”

Avv.Catenaro : La conferenza odierna ha ad oggetto “La coerenza del professionista e del politico alle norme etiche e deontologiche” abbiamo invitato l’On.Giovanardi ed il Pres. Bozzi.

Abbiamo posto questa comunione fra politico e professionista in quanto la nostra Associazione “Avvocatura in Missione” ha ad oggetto l’evangelizzazione non solo nel campo della giustizia ma anche nel campo legislativo, in quanto la chiamata è stata quella di rivolgersi ai ricchi, ai potenti della terra ed i ricchi, i potenti della terra siamo noi: avvocati, magistrati, politici; in quanto noi abbiamo le redini del mondo. Non c’è nessuna giustizia sociale che non parta dal cuore dell’uomo.

Poi prenderemo in esame l’ultimo documento del Papa”Sacramentum caritatis” che consiglio a tutti di leggere, dove si parla anche di coerenza per il politico e per chi riveste un ruolo sociale e da qui è venuta l’idea di fare una conferenza che potrà essere l’inizio di una serie di conferenze, poiché sappiamo che in un’ora non potremo sviscerare ampiamente il tema della deontologia e delle norme etiche e come poterle vivere nella nostra vita.

 

 

On.le Carlo Giovanardi :

Grazie per l’invito, il tema in oggetto è molto difficile, molto ostico, molto complesso e richiederebbe approfondimenti di tipo culturale, di tipo teologico. Nella mia esperienza personale ho frequentato il mondo cattolico: le suore, per quattro anni i Salesiani, poi la scuola pubblica, la parrocchia, ho quindi una formazione metà laica metà cattolica. Sono avvocato anche se esercitavo presso l’Ufficio legale di un Istituto di Credito. Essendomi poi capitato nel 1980 di essere eletto consigliere regionale e poi parlamentare nel 92, e avendo rivestito vari incarichi, io avevo lasciato là nell’ufficio legale una targhetta”torno subito” ma poi i casi della vita mi hanno tenuto lontano. Ho comunque avuto modo, nella formazione professionale, nel mondo cattolico, nel consiglio comunale di Modena, nel Parlamento, nel Governo, di avere una infarinata di come vanno le cose al mondo, anche fra gli Avvocati, i magistrati, ed i politici.

 

Io metterei prima i magistrati perché ho una grande deferenza per loro, per il ruolo che svolgono e per il potere che rivestono.

Mi sono fatto alcune idee, se ho ben capito lo spirito di questa Associazione è quello di portare il Vangelo nel luogo di lavoro, laddove si interpella particolarmente la coscienza di ogni singolo individuo, uomo o donna che sia, quando esercita un certo tipo di attività. E partirei da lì .

Non credo che questo Paese possa andare avanti, chiunque siano i governanti e qualunque sia la formula che lo governi, se non c’è una società formata da persone orientate al bene comune e con la chiara consapevolezza del limite tra il bene e il male.

Faccio un esempio: ci siamo appena affaticati in Parlamento sul nuovo codice della strada, sulle sanzioni, sul ritiro della patente, la patente a punti e mi veniva spontanea una riflessione: “…negli Stati Uniti le cose funzionano benissimo perché appena uno sgarra il limite di velocità la Polizia lo ferma e subito c’è la sanzione, il 99% delle persone negli Stati Uniti rispetta il limite di velocità, e quindi se qualcuno sgarra è anche abbastanza facile identificarlo e punirlo Ma poiché sulle autostrade italiane il 99% non rispetta i limiti vedo un po’ difficile per la Polizia riuscire a pescare quei 99 su 100. Allora è un fenomeno tipicamente italiano, che poiché il 99 su 100 non rispetta la regola, polizia, magistratura, carabinieri, magari riusciranno, tra i 99 che non rispettano le regole, ad identificarne 5.

I 5 identificati non pensano di essere oggetto di una azione di giustizia ma pensano : ” che ingiustizia, il 99% sgarra e vengono proprio da me che sono fra i cinque sfortunati a cui viene applicata una sanzione?”. E’ dunque certamente necessario, il rispetto ed una adesione alla norma da parte di un individuo all’interno di una società .

Quello che mi affascina di quest’incontro è la relazione diretta o indiretta che ci dovrebbe essere fra il Vangelo, l’adesione agli insegnamenti della fede cattolica ed i comportamenti pratici della vita quotidiana; molte volte chi si dice cattolico …vedo che non sempre agisce come dovrebbe nei comportamenti, nello stile di vita

C’è una cosa che mi colpisce: stamattina sono andato ad una relazione sulle tossicodipendenze in Parlamento ed in questo dibattito sulla sanzione, molto vicino al mondo del diritto, la tesi di fondo era: “per l’amor di Dio non dire che un fatto è proibito perché se dici che una cosa è proibita allora la fanno tutti. Non andare a dire ai giovani che la cocaina, l’eroina fanno male. Soprattutto non applicare alcuna sanzione perché se no diventa una sfida”.

Mi sembra che una norma senza sanzione sia abbastanza inefficace. In merito le statistiche sui reati lasciano parlano chiaro ma lasciano il tempo che trovano…A chi consuma cocaina ad esempio ritirano la patente perchè il consumo della cocaina è un grande problema, ma lo sono anche i furti. So che il 95% dei furti rimane inpunito, però non ho trovato qualcuno che dica abroghiamo dal codice penale il reato di furto. Allo stesso modo ho qualche dubbio che il comandamento “non rubare” possa diventare lecito perchè i ladri sono tantissimi e la legge non riesce a perseguirli tutti. Per conseguenza ho qualche dubbio anche sul fatto che il concetto di sanzione debba essere preso sottogamba. Anche nel Vangelo è segnato ben precisamente un confine ed un limite fra un premio ed una condanna, fra il peccato e le sue conseguenze, fra il Paradiso e l’inferno. Se come cattolico mi dicono che un determinato comportamento nella vita, rispetto a se stesso e rispetto agli altri, è assolutamente indifferente rispetto alle conseguenze perché qualunque cosa fai nella vita d’illecito, d’immorale, tu sei comunque salvo perché la misericordia di Dio è enorme, questo mi mette in crisi. Qualche insegnamento che mi hanno dato nei salesiani metterebbe in crisi anche il comportamento pubblico dei cattolici. Qualche volta viene da pensare che i cattolici si comportano in maniera tale da non credere a quello che è scritto nei Vangeli, da non credere che ci sia, per i comportamenti tenuti in vita, un premio o una sanzione.

Riporto una delle accuse che molte volte storicamente è stata fatta alla Democrazia Cristiana: “perché voi negli anni 50/60/70 non avete avvicinato i giovani bravi, non avete fatto Scuole per magistrati, come hanno fatto altri partiti?”. Io ci ho pensato un po’ e poi ho dato la risposta: “Perché non siamo comunisti, perché crediamo che una persona formata correttamente ai principi del Vangelo, nel momento in cui fa l’avvocato, o il magistrato e deve trovarsi a giudicare gli altri, mai e poi mai accetterà davanti alla sua coscienza di piegarsi a logiche di partito e di convenienza, a logiche che non sono quelle che la sua coscienza gli detta. Una vicenda giudiziaria non può essere usata strumentalmente per altri fini, ma va condotta rettamente al di là di ogni calcolo politico. Abbiamo visto nel secolo scorso la sorte di ideologie come il il nazismo, il fascismo, il comunismo che pensavano di rifare l’uomo. Credo che noi siamo tutti convinti che la perfezione sia dopo, non qua, che la perfezione sulla terra non si raggiunga perchè c’è stato il peccato originale. Quindi l’impegno in politica, nell’avvocatura, nella magistratura, nelle professioni deve essere quello di rendere il mondo più vivibile ma non certamente perfetto, perché risolto un problema ne nasce un altro e così via. Ogni cosa che fai ha una controindicazione: la ricerca del perfettismo sulla terra ha portato a centinaia di morti senza risolvere alcun problema. Questo limite che è anche un enorme limite morale che interpella la coscienza evitando che ognuno di noi si lasci andare a determinate forzature.

Ho visto, in alcuni Colleghi parlamentari una sorta di autocritica non espressa di fronte ai drammi che abbiamo vissuto, gli esili, i suicidi, omicidi, ed ho l’impressione che di fronte alle aspettative che avevano, di fronte ad una realtà che non cambia sono andati in crisi loro stessi. Mi riferisco anche ai tempi del dopo la guerra, magari a quei politici che hanno ammazzato un po’ di preti ed hanno pensato che ammazzando un po’ di preti il mondo diventasse migliore. Quegli stessi attivisti sono andati a loro volta in crisi perché si sono accorti che le loro illusioni giovanili invece di produrre qualcosa di utile, hanno prodotto soltanto dei disastri. Per quanto mi riguarda questa riflessione di fondo su come ogni singolo credente può muoversi dove lavora, dove opera per il bene comune come politico, come magistrato, come avvocato, possono nella loro specificità dare un contributo a un mondo migliore seguendo quello che il Vangelo dice, senza lasciarsi sviare da teorie che poi durano lo spazio di un mattino. Tutto questo mi sembra una cosa interessante, come è stato interessante iniziare con una preghiera che ci ricorda che quello che facciamo deve essere sempre guidato da Qualcuno che ne sa molto più di noi.

Io penso che sia opportuno svolgere questa breve relazione partendo da quella che è la propria esperienza personale.

Io sono stato magistrato per 47 anni fino a due mesi fa. Anch’io ho iniziato questa attività, come penso altri lo abbiano fatto, senza rendermi bene conto della importanza, della gravosità di questo compito che mi veniva affidato.

Per restare sul tema specifico da trattare, non avevo abbastanza chiara l’esigenza che avrei potuto e dovuto incarnare nella attività professionale che costituisce una parte fondamentale dell’esistenza i principi nei quali dicevo di credere. Questa è una tentazione continua che si insinua anche in maniera un po’ subdola cioè quella di confinare il proprio credo religioso nella sfera privata e farne un qualcosa di staccato dall’attività: Io credo, prego, frequento i sacramenti però poi nella vita vado avanti come se tutto questo non ci fosse. Questo è un modo di agire farisaico. Quante volte nel Vangelo c’è questo rimprovero che Cristo fa ai farisei che si professano osservanti della legge e poi opprimono le vedove…

Venendo al concreto a considerare la coerenza ai principi etici e deontologici, subito si è portati a pensare a casi particolarmente gravi, al tentativo di corruzione di un magistrato, per un avvocato alla presentazione di testimoni falsi in una causa, questi sono casi eclatanti ed è troppo evidente il comportamento da tenere, non solo per i cristiani ma anche per chi professa altre religioni, ed anche per un non credente.

Il difficile viene però quando questo comportamento deve essere attuato, sappiamo come ci si dovrebbe regolare, il difficile viene in quel momento lì, perché non è certo tanto facile, scontato, riuscire per un avvocato a rinunciare ad una vittoria che si potrebbe ottenere con mezzi illeciti che quasi certamente non verrebbero neppure scoperti, oppure per un magistrato rinunciare ad un vantaggio, qui non mi riferisco soltanto al vantaggio economico ma anche ad una facilitazione di carriera, o alla popolarità, sposando una tesi ingiusta.

Ci sono dei casi e noi ne abbiamo degli esempi nei quali adottare una condotta coerente con i propri principi può portare anche ad una insicurezza della vita, ci sono alcuni che hanno pagato con la vita.

Ci si potrebbe domandare allora cosa bisognerebbe fare, a me sembra che si tratta di ascoltare fra le tante voci che si possono fare sentire dentro di noi in quel momento, voci spesso contrastanti l’una con l’altra, ascoltare la voce di Dio. La sola che non ci porta fuori strada.

Dio non è che ce lo viene a dire nell’orecchio quello che dobbiamo fare. Ci parla attraverso al coscienza, ci parla anche attraverso la ragione illuminata dalla Sua Parola., ci dà anche la forza, e penso che non sarà negata neppure ai non credenti. Dio ama tutti e non vorrebbe che nessuno sbagliasse, andasse fuori strada.

Tutto questo comporta un notevole dolore, una notevole sofferenza, è qualcosa che va pagato che non avviene così tanto facilmente.

Poi oltre ai casi a cui ho accennato, e poi non è detto che si debbano verificare sempre o molto spesso…la riflessione sulla coerenza ai doveri etico-professionali dovrebbe riguardare anche il nostro lavoro quotidiano, il lavoro ordinario. Io intendo riferirmi a quelle questioni che non fanno storia, che non suscitano un particolare interesse, che magari forse per queste ragioni ci rimangono ostiche. Nella nostra attività che per molti aspetti è simile a quella del medico, perché ci mette a contatto con il negativo dell’umano, della società, non dovrebbe mai esserci la routine, la ripetizione monotona, senza entusiasmo, perché noi dovremmo saper vedere che al di là di quelle carte c’è comunque una situazione umana, ci sono delle persone che soffrono, c’è un rapporto che si è alterato e che va ricostituito. Per cui la necessità spesso trascurata, che ogni questione anche quella che può sembrare di scarsissimo rilievo va studiata ed approfondita.

Mi è venuto, proprio in relazione a questo, un ricordo di moltissimi anni fa, di un episodio avvenuto negli anni 60, un avvocato penalista, a Sassari, un avvocato che andava per la maggiore, che di solito difendeva in Assise, una volta fu chiamato a difendere in Pretura, non ricordo per quale reato, forse una contravvenzione, io rimasi ammirato nel vedere questo avvocato con quale cura trattava la questione e prospettava con argomenti validi la tesi favorevole per l’assistito. Rispetto ai casi che lui trattava in Assise, omicidi etc, non era certo un argomento di particolare interesse. Tant’è che ricordo che dopo qualche tempo questo avvocato morì e si usava fare una breve commemorazione nell’udienza ed io ricordo che ricordai proprio questo episodio.

Ecco a questo punto per entrare nel vivo di quello che dovrebbe essere la coerenza al massimo principio per un cristiano, è quello della carità, quello della fedeltà al comandamento nuovo, che è il più difficile da attuarsi, noi dovremmo ad un certo punto porci questa domanda.

E’ possibile vivere anche nella professione questo comandamento?:”amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”, anche nella attività professionale?

Io ricordo che mi fu domandato tanti anni fa da un giovane. Questa domanda mi mise in crisi, mi disse ‘come puoi tu conciliare questo comandamento, che non è un consiglio evangelico ma è un comandamento?’ “Vi do un comandamento nuovo…” è al pari di non rubare, non dire falsa testimonianza. Come puoi farlo tu e conciliarlo con l’obbligo che ha il giudice di applicare la legge, obbligo che comporta l’applicare la legge, il dovere di punire, di erogare sanzioni…Ebbene il punto è questo. Dio, ci chiede di vivere questo comandamento nel mondo per quello che è, che non era perfetto quella notte dell’ultima cena che lui si diede ai suoi discepoli, non lo è stato mai, né lo è ora.

Eppure Dio ci chiede di vivere la carità in questo mondo. Va detto che la carità non va confusa con il buonismo. L’applicazione della legge, se attuata in una certa prospettiva che è quella di volere il bene comune, della società, il realizzare il disegno di Dio ricostituendo questo rapporto, sia che si tratti di materia civile, sia che si tratti di materia penale , rapporto che si è alterato dunque, tutto questo è carità.

Carità che si richiede all’uomo in un mondo come questo. Mi sembra che la strada più valida per attuare la vera giustizia, sia proprio il cercare di vedere comunque nell’altra persona, – per gli avvocati sarà diverso-, a me non è mai capitato di vederlo, di vedere dei fratelli..

Tutto questo comporta uno sforzo, un costo che non è certo inferiore a quello che si richiede negli altri casi a cui accennavo prima.

Io vorrei ricordare una mia esperienza, su questo punto.

Io in questi 47 anni ho fatto molto poco la materia penale, l’ho fatta soltanto in Pretura quando la Pretura si occupava di reati di scarso rilievo, gran parte erano contravvenzioni; dopo vari anni fui assegnato alla Corte d’Appello e mi capitò un’Associazione Criminosa di cui avete senz’altro sentito parlare (la banda della Magliana), si trattava di un delitto efferato gravissimo, un omicidio commesso con particolare crudeltà, c’era crudeltà commessa nei confronti dei familiari di questa vittima, c’era il peggio del peggio, io rimasi sconvolto e confesso che se in quel momento mi fossi trovato davanti a quel responsabile l’avrei fatto a pezzi, tanta era la mia rabbia. Questo certo non è il compito del giudice, mi venne un attimo in testa e mi ricordo di quelle parole che in una lettera di S.Paolo si leggono: “pur essendo Cristo senza peccato, Dio lo trattò da peccato” . Quest’uomo, Gesù che si fa solidale con il più incallito…con il peggio del peggio dell’umanità, con il peggio dei peccatori. E quindi anche in questa persona arrivata a questo livello così basso, io dovevo vedere Lui, e questo mi ridiede in quel momento la serenità del giudizio.

Mi fece superare quel momento difficile, questo dovrebbe essere una qualche cosa che dovrebbe guidare un po’ tutti, per gli avvocati la questione potrà essere un po’ diversa ma questa è la maggiore coerenza al dovere etico-professionale.

 

 

Avv.Anna Egidia Catenaro

 

 

L’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis” al n.83 parla di “coerenza eucaristica” : “Il culto gradito a Dio, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede”.

Questo è proprio il tema di oggi, ma è anche il tema che io propongo e ripongo forse anche in maniera sottile nelle nostre conferenze, perché ritengo una cosa importante, vera: chi ha fatto un incontro personale e vivo con il Signore è una persona coerente ai principi evangelici, quindi non ci sarebbe bisogno di fare alcuna conferenza, alcun convegno, non ci sarebbe neanche bisogno che il Magistero si scomodasse ad emanare vari documenti se i cattolici battezzati fossero veramente credenti, professanti e veramente mettessero in pratica quel seme che è stato inserito nel battesimo. La coerenza dipende secondo me dal profondo rapporto personale con il Signore.

Quando abbiamo colleghi o politici che dicono ” il Magistero della Chiesa non deve immettersi in situazioni sociali, nelle normative”, lo abbiamo ascoltato nelle ultime “discussioni” sulla legge Dico, accade ogniqualvolta una proposta di legge non è consona alla legge naturale abbiamo da parte della stampa questi attacchi nei confronti del magistero.

La Congregazione per la Dottrina della fede nel 2002 aveva come prefetto il Cardinale Ratzinger il quale emanò la Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. In questo testo viene spiegato che “il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico, né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti.

Esso intende invece- come è suo proprio compito- istruire e illuminare la coscienza dei fedeli”. Il fedele che rifiuta il Magistero è una persona che in sé non ha l’umiltà di accettare che qualcuno sia più illuminato; tutti nel battesimo abbiamo ricevuto lo Spirito santo però i vescovi, i cardinali e ancor più il Santo Padre, hanno anche un ministero, quindi hanno delle luci spirituali ancora più profonde per guidare tutto il popolo di Dio. “L’insegnamento sociale della Chiesa non è un’intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici interiore alla loro coscienza che è unica ed unitaria”. La Chiesa non dà un obbligo al cattolico di seguire ed essere coerente. Vi è un altro obbligo, quello che ci ha dato il Signore, lo ricordava il Dr.Bozzi:”Amatevi come io vi ho amati” e allora io che sono donna di giustizia, uomo di giustizia o uomo di potere quale è il comandamento nuovo che mi è stato affidato. Cosa debbo io andare a tutelare con la mia professione? Quali sono quei diritti inalienabili, i diritti su cui la legge non dovrebbe legiferare o quanto meno l’uomo cattolico, la donna che veramente ha un profondo rapporto con il Signore dovrebbe astenersi dal votare leggi inique astenersi dal promulgare, fare pubblicità ed astenersi dal commentare quando la Santa chiesa cattolica ci ricorda quali sono i principi etici, quale è ale legge fondamentale che è iscritta dentro i nostri cuori.

Il problema è che le menti, i cuori, le coscienze, molte sono sopite, per cui non si ha questa capacità di discernere cosa c’è dentro il nostro cuore, quale è la legge che è stata scritta dentro il nostro cuore, per questo occorre questo rapporto profondo e continuo con il Signore. E come? Io predico sempre sulla preghiera, la preghiera è il respiro dell’anima, come una persona ha bisogno dell’ossigeno tutto il giorno per alimentare il proprio corpo, così l’anima ha bisogno della preghiera. Non si fa una boccata di ossigeno la mattina e poi non si respira più tutto il giorno, così non ci possiamo fare il semplice della croce la mattina ed essere così quei farisei che hanno assolto il loro dovere, o andare semplicemente a messa la domenica, occorre un rapporto continuo con Dio, durante tutta la giornata, se non lo possiamo fare con la preghiera anche quando stiamo esercitando la nostra professione …ecco il Presidente ci ricordava:”Il cliente sia un nostro fratello”. Non sia la persona da portare assolutamente in Tribunale affinché ci paghi la parcella, molte cause potrebbero essere evitate, siamo noi che gestiamo le cause, noi possiamo da un evento costruire tante cause attorno, allora se noi abbiamo una coscienza vera, di fronte non abbiamo qualcuno a cui chiedere il più possibile le parcelle ma una persona da consigliare e se ha torto e noi riteniamo che abbia torto secondo la legislazione e anche secondo la nostra coscienza, non dobbiamo aver paura di perdere il cliente che poi va da un altro avvocato che gli fa ugualmente la causa allora tanto vale che glie la faccio io.

No io sono e rimango coerente. L’onestà significa questo, la coerenza al Vangelo significa questo. Se io sono figlio di Dio sono coerente.

Il riferimento già fatto dall’altro relatore è che non c’è una divisione tra la nostra parte spirituale e la nostra professione.

Nella Nota della Congregazione per la dottrina della fede si legge:” Nella loro esistenza non ci possono essere due vite parallele, da una parte la vita cosiddetta ‘spirituale’ con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra la vita cosiddetta ‘secolare’, ossia la vita di famiglia, di lavoro,dei rapporti sociali dell’impegno politico e della cultura.”Perché io stessa ho sentito tante volte da Colleghi:”Un conto è la religione, un conto è quando debbo esercitare la professione. E così anche i politici che si sono scandalizzata contro la Chiesa che si è permessa di dire “No” alla legge Dico, ma la Chiesa svolge il ministero e lasciamoglielo fare, visto che siamo in regime democratico, ringraziamo il Signore che non abbiamo un sistema totalitario, quindi ognuno è libero di esprimere la propria opinione e poi quella di seguirla. Ma dobbiamo semplicemente riconoscere questo:chi ha avuto un rapporto con il Signore, un rapporto vero con il Signore è una persona coerente e non scinde, non ha due personalità, una quando va in chiesa ed una quando sta nel proprio studio professionale.

La coerenza è ventiquattro ore su ventiquattro. Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis , negli ultimi capitoli ( cap.83,89) ci ricorda varie cose .”E’ fuori dubbio che condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della giustizia, la riconciliazione ed il perdono” (cap.89).

Chi deve restaurare la giustizia se non prima noi che siamo coloro che sono demandati a lavorare ad amministrare la giustizia, nelle nostre mani è il diritto e la giustizia.E qui si parla di giustizia giudiziaria ma si parla anche di giustizia sociale, allora perché la nostra chiamata è orientata verso i potenti della terra che a mio avviso sono gli avvocati, i magistrati, i politici, perché nelle nostre mani circola tutta la giustizia, giudiziaria e sociale.

Allora se esiste ancora la fame nel mondo, ” non possiamo rimanere inattivi – dice Benedetto XVI- di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto fra i ricchi e poveri a livello mondiale (cap.90).

Se vogliamo riequilibrare le questioni del mondo, sicuramente dovremmo toccare questa nostra chiamata: il cuore dei ricchi, dei potenti della terra. Lo Spirito santo può toccare il cuore dell’uomo, non saranno le nostre parole che possono anche essere forbite, non sarà il teologo, ma ciò che potrà riequilibrare le sorti del mondo sarà la conversione dei politici, dei governanti, i quali emaneranno leggi anche a tutela di tutte le parti del mondo o come si dice anche nel documento S.C.”basterebbe non spendere ulteriori soldi per gli armamenti e la fame nel mondo cesserebbe”. Allora noi siamo responsabili di questo, cioè sia della giustizia giudiziaria, sia della giustizia sociale.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”ci obbliga a fare tutto il possibile. Noi che siamo “i ricchi” a cui non manca il pane quotidiano pensiamo a quante persone, nell’altra parte del mondo stanno morendo di fame. Nella Conferenza che abbiamo avuto con l’Ambasciatore Tony Hall, presso l’ONU, fece il suo intervento e oltre a raccontarci della sua conversione, è stato soprattutto un testimone della fame nel mondo. Mandato dall’America in varie parti del mondo povero e un giorni si trovò disperata nel vedere che poteva aiutare 10 bambini e 5 rimanevano condannati alla morte perché non ci erano aiuti. Noi forse dovremmo fare questi viaggi, andare a vedere questi luoghi, la gente che muore per la fame e forse il nostro vissuto quotidiano sarebbe diverso. Sarebbe diverso il modo di gestire le nostre finanze,le nostre economie, che magari saranno anche povere ma rispetto ai veri poveri della terra, possiamo dirci di essere ricchi.

Nella Nota Dottrinale leggiamo che “la Chiesa venera fra i suoi santi numerosi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro generoso impegno nelle attività politiche e di governo. Tra di essi, S.Tommaso Moro, proclamato Patrono dei governanti e dei Politici , seppe testimoniare fino al martirio la dignità inalienabile della coscienza , Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso…e affermò con la sua vita e con la sua morte che ‘l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale’”.

Vi voglio lasciare con questo interrogativo: sono io avvocato disposto a rinunciare ad una parcella e non mettere a repentaglio la mia coscienza? Io magistrato sono disposto a non ricevere una bustarella o un tappeto rosso di una persona che mi fa la riverenza e non emette una sentenza ingiusta? Il politico è disposto a rinunciare anche alla propria poltrona per essere coerente ai principi evangelici?

Noi siamo disposti ad arrivare sino al martirio per essere coerenti al Vangelo di Dio?

Dr Giusepe Bozzi già Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Roma