Annuncio della Parola

22 Set 2015 | Riflessioni

 

 

 

“L’annuncio della Parola”

 

 

 

Marco 16, 9 – 15

9Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. 12Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. 13Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. 14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”.

La misericordia di Gesù nell’annunciare il Regno di Dio, non è finita duemila anni fa: questo annuncio sempre attuale, sempre vivo, Gesù lo dona anche oggi, attraverso di noi.

Quindi quando abbiamo di fronte il sacerdote, l’apostolo, il discepolo, o anche me, che vengo a portarvi la Parola, noi dobbiamo pensare che in quella persona è Gesù che sta parlando, è Gesù che ci sta annunciando il Suo Regno, è Gesù che oggi sta passando attraverso le strade di Santa Maria Capua Vetere, di Napoli, di Roma, dove noi siamo, per annunciare il Vangelo ai Suoi fratelli oggi.

Perché la Sua misericordia è infinita e vuole arrivare ancora oggi a toccare i cuori. Noi a chi ci rivolgiamo come Associazione?

A coloro che noi riteniamo i potenti della terra: agli avvocati, ai magistrati … il Signore ha bisogno di queste persone che hanno questo ruolo, per far sì che la società si rinnovi; perché non è sufficiente portare un po’ di riso in Africa come atto di carità, ma la prima carità che va fatta è annunciare il Vangelo, permettere al Vangelo di volare, di volare attraverso i piedi dei messaggeri.

E qui ricordo la parola di Romani 10, 14 – 15, che mi è risuonata tanti anni fa, in tempi diciamo “non sospetti”, quando io non sapevo assolutamente né di avere una chiamata vocazionale, né che il Signore mi chiamasse a fondare questo movimento di Avvocatura in Missione.

Ecco, noi possiamo dire che la parola è davvero profetica quando si realizza. E questa parola, che mi fu donata “in tempi non sospetti”, si è realizzata, si sta realizzando.

Infatti la parola era: “Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto ? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare ? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci ? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati ? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene !” (Romani 10, 14 – 15).

Ecco, allora, piedi che corrono: sono i piedi di Gesù che oggi camminano ancora, lungo le nostre strade, attraverso noi che ci mettiamo al suo servizio.

Anche quando noi andiamo nel tribunale, e varchiamo la porta del tribunale e dentro di noi abbiamo la Grazia, abbiamo la presenza dello Spirito Santo, e andiamo lì non per andare a rafforzare l’ingiustizia, ma andiamo lì perché vogliamo portare la giustizia vera, quella del Signore … ecco, quando facciamo questo, allora portiamo insieme a noi, insieme ai nostri impegni, la presenza di Gesù nel tribunale.

Questo noi vogliamo fare. Essere dei nuovi discepoli, dei nuovi apostoli che, in questo tempo storico, camminano per le strade del mondo, attraverso la propria professione, e che quindi, testimoniano attraverso la propria professione, e anche attraverso la Parola: perciò chi ha il carisma dell’annuncio, dell’insegnamento, deve mettersi al servizio della comunità. E per fare questo occorre una volontà unita, perché i frutti ci sono quando la comunità è unita nell’amore. Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, sono Uno e sono Tre, sono la Trinità, e sono uniti da un unico collante, che è l’amore.

L’amore e l’obbedienza, l’obbedienza del Figlio al Padre: si fece obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Questo Gesù ha fatto. Allora io dico sempre: noi, con Avvocatura in missione, non abbiamo per prototipo un santo: noi abbiamo per prototipo Gesù. Noi vogliamo guardare Gesù, e a Lui somigliare sempre di più. E questo lo facciamo anche attraverso l’obbedienza, che non è un qualcosa di astratto; l’obbedienza è concreta: al superiore, al responsabile, a chi il Signore oggi mi mette di fronte come figura di responsabile. E allora costruiamo dentro di noi questa umiltà, questa sottomissione, questa obbedienza nell’amore. Avremo come collante l’amore di Gesù. Perché, se io voglio somigliare a Gesù, è chiaro che devo trarre esempio da come Lui agiva: Lui ogni tanto si allontanava dalle folle e si metteva da solo su un monte a pregare.

Ecco allora qual’è la prima cosa. E noi avvocati non possiamo dire: “mi scade la comparsa, ho la famiglia, ho i figli, ho bambini, ho la nuora, ho il suocero, ho questo, ho quell’altro … e perciò non ho tempo per venire all’incontro di preghiera”. No: tu non hai tempo per venire all’incontro di preghiera perché tu non sei salito da solo sul monte, perché sul monte, si sale da soli.

Noi abbiamo bisogno – ciascuno di noi – di vivere ogni giorno un tempo in solitudine, un tempo di colloquio con il Signore. Questo tempo me lo ritaglio, o di notte, o di giorno, ma comunque lo trovo, nelle ventiquattro ore . Certo, mentre devo fare l’udienza è impensabile che proprio in quel momento io mi possa mettere a pregare da sola … ma anche quell’attività, se è legata al momento della preghiera può essere una preghiera offerta: “io Signore, Ti offro questo momento, questo mio lavoro di fronte al magistrato. Io lo posso svolgere, con sapienza, con correttezza, con deontologia, con rettitudine, Te lo offro come sacrificio a Te”. Dopo però devo averlo un tempo per stare da sola con il Signore, per mettermi dinanzi a Lui e ringraziarLo. Per ringraziarLo non soltanto delle grazie, dei benefici; è troppo facile ringraziare il Signore di tutte le cose che ci vanno bene. Dobbiamo iniziare a ringraziarLo anche per le cose che noi vediamo come “storte”, come contrarietà: cominciamo a ringraziare anche per quelle, proprio per sbaragliare quelle porte degli inferi che a volte vogliono bloccarci, fermarci, ostacolarci, impedirci, farci ammalare … . Perché se ringraziamo il Signore anche di una nostra malattia, di una prova, di quello che ci accade ogni giorno, il Signore attraverso il nostro ringraziamento, la nostra lode, Lui ci benedice. E se ci sono ostacoli che non vengono da Lui, Lui interviene a fermarli. Perché gli ostacoli devono servire per la nostra santificazione, altrimenti mai andremmo dal Signore se non fossimo quelle persone bisognose. Se noi siamo – tra virgolette – quei “potenti della terra”, che non hanno bisogno di Dio, non hanno bisogno di niente, non ci prostreremmo mai di fronte a Lui. E allora, ecco, nel cammino di fede, il cammino che noi vogliamo proporre ai nostri colleghi, dai quali particolarmente noi possiamo andare … perché, altrimenti, i colleghi spesso sono lontani, ed è difficile che vengano a confessarsi, o che vadano in parrocchia. Mentre noi siamo quegli apostoli di oggi che possono andare da loro ad annunciare che Gesù li ama, che Gesù vuole essere misericordioso, che Gesù li vuole perdonare, nonostante magari facciano parte di lobby, di club non prettamente consoni con la vita di Gesù Cristo. Però noi possiamo testimoniare loro che si può cambiare; che noi stessi, prima, eravamo lontani, e che il Signore poi ci ha toccato, un giorno. Così come è avvenuto a me, che un giorno, a trentatré anni ho sentito che avevo bisogno di un incontro più forte, e sono entrata in un gruppo cattolico. E da lì è cambiata la mia vita, cominciando io, così, a frequentare in maniera totalmente assidua i sacramenti, la confessione, la Messa; anche tutti i giorni. Perché io dico: se uno ha incontrato il Signore, non diciamo storie … se tu hai incontrato il Signore, non puoi fare a meno di andare a messa tutti i giorni. Non possiamo dire: “ho la comparsa che mi scade”. Non lo possiamo dire, perché le messe, se uno vuole se le va a cercare: noi cioè possiamo organizzare la nostra giornata in modo da trovare il tempo per andare in una chiesa, ove possiamo metterci alla presenza di Gesù Eucaristia, e possiamo poi ascoltare la Santa Messa. Questo significa mettere Gesù al primo posto. Perché se attendiamo di avere tempo, dicendo a noi stessi: “quando mi avanza tempo, vado all’incontro di preghiera”; è certo allora che il tempo non ci avanzerà, noi non lo troveremo mai. Ma se io metto al centro Gesù, allora tutto faccio ruotare intorno a Lui, e dirò:”Ecco, questa è l’ora della messa, quindi l’appuntamento con il cliente lo prendo l’ora successiva, ma non proprio in quell’ora lì”.

Ricordiamo anche quando a Gesù, che andava predicando per le strade della Galilea, le persone ponevano anche delle domande: “Signore sono pochi quelli che si salvano ?” (Luca 13, 23). E Lui rispondeva loro: <<Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici !”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”>> (Luca 13, 24 – 25).

Quindi il Signore ci dà un’indicazione ben precisa. Eppure molti di noi dicono a se stessi: “Vabbè, poi all’ultimo momento mi pento, mi salvo, tanto Gesù è misericordioso”. Certo, il Signore è misericordioso, ma noi non ci possiamo approfittare della Sua Misericordia, perché non ci salveremo se non saremo passati per la porta stretta della purificazione dalla nostra idolatria, dagli attaccamenti disordinati che abbiamo verso le cose e verso le persone.

Noi dobbiamo portare eticità, deontologia, e moralità. Il che significa che il nostro comportamento deve essere sempre limpido; nessuno deve poterci corrompere, nessuno deve poter dire di noi: “ecco, questa persona è una persona che ha due facce”. Noi dobbiamo avere la faccia pulita del Signore. Testimoniare con la vita, con la professione, in ogni momento della nostra giornata, nei nostri affetti, nella nostra famiglia, nei nostri studi professionali, la coerenza al Vangelo. Questo viene chiesto al membro effettivo della associazione.

E perché la Parola di Dio possa essere annunciata è necessario che tra di voi ci siano persone formate sulla Parola di Dio, cosicchè non sia io l’unica ad andare in giro per le città, ove portare la Parola di Dio. Infatti per diffondere questo annuncio, i soli sacerdoti non bastano: occorrono anche laici formati. E noi siamo professionisti, quindi dobbiamo metterci al servizio del Vangelo, della Parola di Dio, ed è questa la prima misericordia nei confronti dei nostri fratelli. Perché io nel momento in cui testimonio, quella testimonianza può portare frutto in chi la recepisce; e così quel giorno, magari, un‘anima, più anime, si aprono alla salvezza.

A me è capitato questi anni tante volte, tante: non ho mai annunciato, non ho mai detto una testimonianza senza che ci sia stato qualcuno che mi abbia accolto.

Il Signore ha detto che ad un certo punto “il padrone si alzerà e chiuderà la porta”.

Ecco, noi possiamo rivolgerci adesso, fin quando siamo su questa terra, a Gesù Misericordioso, dicendogli: “Tu sei l’Avvocato presso il Padre, chiedi al Padre misericordia per me, per i miei misfatti, per i miei peccati, per le mie debolezze”.

Gesù, come ci ha ricordato il Santo Padre Francesco, è quell’Avvocato che ci difende sempre.

Allora ricordiamoci che Gesù è Colui che intercede per noi, tant’è che, ha detto il Santo Padre: “chiedete a Gesù di pregare per voi ”. Ed è una cosa bella a cui non avevo mai pensato prima.

Perché noi magari anche se diciamo: “Gesù è l’Avvocato presso il Padre”, non abbiamo mai pensato di dire: “Gesù, prega per me il Padre”. E’ una cosa bellissima. Noi, a volte, diciamo magari meccanicamente “Gesù è Avvocato presso il Padre e intercede per noi”. Però, un conto è essere consapevoli che Lui “intercede” per noi, e un conto è sapere che Lui “prega” per noi.

Pensate che cosa bella: una cosa molto semplice, che dovremmo aver avuto sempre alla portata. Ecco che lo Spirito Santo magari, in alcuni momenti, con una parola che avevamo già sentito tante volte, ci tocca. Così è stato per me: mi ha toccato particolarmente il pensare che mi posso rivolgere non soltanto alla Madonna, non soltanto al santo intercessore, ma a Gesù, e dire: “Gesù, Tu che hai sofferto così per me, porta le Tue piaghe, presentale al Padre, perché io, perché i miei fratelli, perché questa opera, così difficile, così ostacolata, possa portare frutto secondo il Tuo volere. Porta le Tue piaghe al Padre perché io possa essere guarita, perché quel mio fratello, quella mia sorella, che si sono raccomandati alle mie preghiere, possano essere guariti”. Ecco, è una cosa molto bella che mi ha toccato e quindi volevo condividerla con voi.

Anna Egidia Catenaro