Giustizia e Pace si baceranno

22 Nov 2009 | 1999-2003

Giustizia e Pace si baceranno
(Don Giovanni D’Ercole)

Per aiutare la nostra riflessione vorrei invitare chi ha il testo a leggere insieme il salmo perché il tema che è stato scelto per il nostro incontro è tratto dal salmo 84(85).

Questo salmo lo ha pregato Gesù, è frutto della rivelazione divina. Questo salmo è il frutto della storia di un popolo. Lo leggiamo insieme:………………………………

La lettura di questo salmo ci porta subito a comprendere una verità fondamentale da cui noi partiamo. La giustizia di cui noi parliamo è un dono di Dio; sulla terra con tutti gli sforzi che l’uomo possa fare non riuscirà mai ad essere giusto, ad amministrare la giustizia; quindi non c’è da meravigliarsi delle storture, delle difficoltà. L’uomo non riesce con le sue mani a costruire la giustizia, perché la giustizia è intimamente legata ad un’altra verità fondamentale che la VERITA’. “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” Questo salmo appena letto fotografa la situazione di un popolo che esce dall’oppressione, è stato liberato dall’esilio, è uscito dalla schiavitù e va verso la terra promessa.

E’ un popolo che è uscito fuori da una situazione di disagio, crede di aver conquistato finalmente la serenità ,la pace, invece conoscerà la difficoltà, il contrasto, lo scontro, la guerra, la morte per cui il popolo prega  ricordando innanzitutto ciò che Dio ha fatto . Il popolo ebreo quando prega inizia  sempre dicendo : “Signore, grazie mi ricordo che tu sei stato buono con noi,  hai deposto il tuo sdegno…” e soltanto dopo aver ricordato tutto ciò che Dio ha compiuto, dice “Signore, tu vedi la situazione in cui noi ci troviamo, forse che ci vuoi abbandonare? Non tornerai tu forse  a darci vita? Mostraci la tua misericordia”.  Misericordia tradotta dall’ebraico significa una fedeltà nell’amore, nei confronti anche di chi non lo merita e quindi ciò che l’ebreo chiede a Dio è questo: di essere fedele nell’amore, che Dio non tenga conto delle sue difficoltà, dei suoi peccati ma non lo abbandoni. L’ebreo sa benissimo che ogni volta che si sente abbandonato da Dio perde l’orizzonte della sua vita. Ora partendo da questa posizione fondamentale, vorrei dire che in qualsiasi società, qualunque essa sia ,in cui si perde l’orizzonte divino, l’uomo non capisce più chi è  e non riconosce più i suoi simili attorno a sé. Una società senza Dio, che pone Dio fra parentesi, è una società condannata all’anonimia, cioè diventiamo tutti anonimi in un mondo fatto di incompresi e incapaci di comprendersi; è un dato di fatto che la storia può verificare, è qui che si insidia il dato cristiano, dove nel cristianesimo, nella rivelazione biblica, Dio viene a manifestarsi, a offrire se stesso perché l’uomo riconosca chi è e sappia cosa deve fare. Il richiamare la matrice cristiana della nostra cultura, come il Papa ha richiamato giorni fa in Parlamento, non è un’affermazione di potere religioso ma è il richiamare l’esigenza indispensabile perché la nostra cultura, la nostra società, non perda il senso della sua vita e l’orizzonte del suo cammino.

Difatti il salmo continua come se l’ebreo pregando senta il richiamo ad un ritorno a Dio. La radice ascoltare, dell’ascolto, ha dal latino e dal greco, la radice dell’obbedire. Ascoltare = obbedire = ritornare. Per cui ascoltare ciò che Dio dice è “ritornare a lui”. E cosa annuncia Dio: Egli annuncia la pace, egli porta la pace; l’uomo che incontra Dio trova la sua pace e costruisce ed è capace di costruire la pace.

La pace per il suo popolo, la pace per i suoi fedeli e per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

Solo a questo punto abbiamo i versetti 10-11 e 12 che sono la sintesi del messaggio cristiano tradotto in opere concrete:” La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà  dal cielo”.

La premessa che io ho fatto è quella di riconoscere che Dio non è un intruso. Non è un optional nella vita dell’uomo e nella vita della società, e l’esperienza ci dice che tutte le culture quando mettono Dio tra parentesi non riescono più a comprendere. Noi siamo figli di una cultura laicista che ha dominato il secolo scorso, che ponendosi prima come in antitesi , l’ateismo militante, l’ateismo poi diventato indifferentismo religioso ha portato sì a confinare il fatto religioso da vivere nell’intimo della propria  coscienza e a concepire di fatto una cultura laica  che di per sé diventava laicista. Allora cosa è avvenuto? E’ avvenuto che alcuni valori fondamentali sono rimasti nominalmente tali ma  hanno perso il loro profondo contenuto. Qual è la missione dei cristiani di questo nostro tempo? Non è quello di mettersi a discutere  su come costruire un mondo nuovo, quasi  che il cristiano abbia una tecnica di come costruire un mondo nuovo; gli strumenti possono essere  i più vari, ma l’urgenza oggi è quella di recuperare il senso dell’appartenenza, il senso dell’origine, da dove siamo, chi siamo,  da dove veniamo.

Il termine “misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” sono speculari, là dove l’amore si disgiunge dalla verità la giustizia non si bacia più con la pace. Quando si  concepisce un amore senza verità si perde il senso della giustizia e della pace.

Riflettiamo ad  esempio sulla legislazione abortiva , dove l’aborto diventa un diritto, in fondo le motivazioni che portano alla definizione sono motivazioni di carattere misericordioso , sono motivazioni che vogliono andare incontro a chi si trova in difficoltà, in bisogno, sono cioè la risposta a problemi. Ma dove è il punto debole di questa situazione? E’ che la misericordia si è disgiunta dalla verità quindi la giustizia ha perso questo abbraccio , questo bacio con la pace.

Cosa vuol dire il salmista quando dice che “giustizia e pace si baciano” ? Il versetto 12 dice ” la verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo” : cioè quando l’uomo fa la verità di se stesso, ha il coraggio di arrivare alla verità, di fare verità con umiltà, la giustizia diventa un dono percepibile  e possibile.

Non ci si può meravigliare delle storture della giustizia, l’uomo  è sempre limitato ma, l’orizzonte di chi crede non è limitato al confine di questa terra.

Allora cosa  intende la bibbia quando parla di giustizia e cosa intende quando parla di pace. Il nostro concetto di giustizia risponde solo in parte  a quanto la Bibbia intende quando parla di giustizia. Cos’è per noi la giustizia? Un concetto fondamentalmente regolativo., in primo piano vi è la così detta giustizia retributiva , compensativa (distributiva per i latini) a ciascuno il suo . Si tratta di una forma di misura e di una proporzionalità in un ambito in cui vige la fondamentale parità di diritto, in questo senso i beni vanno divisi equamente e il giudizio si deve giudicare giustamente.

Si parla allora di diritti fondamentali, soprattutto del diritto di proteggere la vita , dei diritti fondamentali dell’uomo ecc. Di fronte a questo  concetto di giustizia bisogna dire che la nozione biblica di giustizia non è orientata sui diritti umani fondamentali e neppure sul concetto di proporzionalità, la giustizia nella bibbia considera più in profondità la situazione dell’uomo, della sua vita, delle sue azioni, del suo comportamento e parte dal fatto che l’uomo deve la sua vita in tutto e per tutto a Dio e in tutto il suo agire e perciò tutto è rinviato a Dio. Un concetto prettamente religioso.

Da questo punto di vista l’unica cosa giusta per l’uomo è interrogarsi su Dio, guardare a lui con piena  fiducia, porre davanti a lui le proprie richieste, conformarsi con obbedienza alla sua volontà; questa è la sua giustizia che si riflette in una convivenza giusta. Per cui il concetto di giustizia sia nel vecchio che nel nuovo testamento si adegua al concetto di santità, il santo è il giusto.

Allora cos’è la giustizia di Dio, cos’è il giusto visto dalla parte di Dio?

La bibbia intende il dono della vita, la grazia della vita, la giustizia umana ne è la giusta risposta in piena  fiducia ed obbedienza ai suoi comandamenti. L’uomo non può disporre di questa giustizia vitale  così come non può disporre della sua stessa vita , come non ha la vita per suo merito, tanto meno può conquistare la giustizia con le sue mani. Solo con il giudaismo si pensò di poter disporre dei comandamenti e perciò della vita. Dalla giustizia data per grazia nacque la giustizia che viene dalle opere contro la quale Paolo e prima di lui Gesù stesso hanno combattuto.

E’ dunque restrittivo pensare che essere giusto in senso biblico possa significare l’osservanza dei comandamenti, questo è esatto solo se si ritiene che i comandamenti non creano un rapporto vitale con Dio, ma intendano mantenere l’uomo in quel rapporto vitale con Dio e con gli altri  che già gli è donato in precedenza.

Questo significa che quando parliamo di giustizia, noi intendiamo nella visione cristiana una realtà molto più vasta che l’amministrazione concreta di una norma, è uno stile di vita che fondamentalmente riconosce in Dio che ci ha donato  la vita e che ci ha resi capaci di compiere, di intervenire nella realtà secondo i suoi criteri fondamentali.

Voglio sottolineare che parlare di giustizia in questa ottica ci porta a riconoscerci non proprietari ma servitori di qualcosa che è più grande di noi  e che non può mai essere l’amministrazione della giustizia il criterio di chi afferma se stesso ma piuttosto riconoscere  ciò che in un certo modo Dio stesso ha compiuto e ci ha trasmesso.

Questa  visione religiosa ci porta a capire il concetto di pace .

Quando parliamo di giustizia e pace che si baciano è la pace , lo shalom ebraico, che ha in se stesso la radice della sufficienza , dell’essere perfetto, integro, sano; è la pienezza dei doni messianici  che  Dio ha promesso all’uomo e che si è realizzato profondamente in Gesù Cristo.

Qual’ è il nemico principale della pace in questa ottica? E’ il  peccato, il male da cui nasce la radice della  vera ingiustizia, della vera empietà. Questi due concetti fondamentali ci portano a dire : io che sono avvocato, io che sono magistrato e vivo nel ventesimo secolo cosa questo riferimento mi porta in concreto a fare?

E’ importante ricordare che il cristiano ha un patrimonio che non gli appartiene ma che ha ricevuto come una missione. E’ importante approfondire la conoscenza di ciò che Dio ci ha manifestato ed è il primo compito fondamentale, cui questi incontri contribuiscono, è una costante formazione , è renderci conto che mai come in questo momento è necessario che per trasmettere il nostro messaggio bisogna conoscerlo, approfondirlo e la conoscenza passa in primo luogo attraverso un recupero personale dell’incontro con Dio. Non si può essere cristiani soltanto di nome, oggi più che mai  per essere cristiani bisogna veramente vivere e mantenere la fede viva e chiederla ogni giorno umilmente, ognuno di noi è chiamato ad essere giusto , e soltanto chi vive la giustizia chi sente in profondità la giustizia divina potrà poi essere illuminato per interpretare e rispondere alle provocazioni , alle sfide che vengono in qualsiasi ambito noi ci troviamo. La prima conseguenza concreta è che chi vuole essere cristiano, deve sentire la necessità di un rapporto costante con Dio, di approfondire la propria fede , non  accontentarsi della superficialità; il maggior nemico delle fede oggi è la superficialità che porta poi ad essere incapaci di rispondere a quello che diceva Pietro: di rendere ragione della speranza. Seconda conseguenza è che chi vuole rispondere a questo appello è riconoscere che tutto viene da Dio ed essere fedeli trasmettitori del messaggio ricevuto.

E’ bello renderci conto che anche di fronte alle situazioni più drammatiche il cristiano non perde mai la sua calma. I primi cristiani quando venivano perseguitati e messi  a morte, ciò che colpiva i loro persecutori era la grande gioia.

Il potente sistema del potere romano si è disgregato grazie alla testimonianza silenziosa, sofferta dei cristiani che hanno ribaltato una civiltà ed hanno contribuito a crearne un’altra.

Oggi spesso essere cristiani significa perdere la possibilità di accedere a posti di potere, questo perché è scomodo prendere una persona che diventa all’interno un segno di contraddizione. Ma bisogna accettare il rischio di essere minoranza, di accettare la sfida di essere perdenti a volte, non bisogna aspettare che la maggioranza diventi sicurezza e mettersi sotto l’ombrello più potente.

Questa è una logica di opportunismo nettamente contraria a quella che il Signore chiede ai cristiani.

Giustizia e pace si baceranno, grazie alla verità che germoglia dalla terra e la verità non nasce come un fungo, nasce dal sangue dato da chi ritiene la verità più grande dei suoi compromessi. Non si può aspettare  che la giustizia si affacci dal cielo se la  verità non germoglierà dalla terra.

Altra considerazione è la necessità di sentirsi un gruppo, comunità; la fede cristiana non è fatta per essere vissuta individualmente, non è un optional come qualcuno potrebbe dire  < ecco io in questo momento ho bisogno, ma quando non ho bisogno vado avanti, come   se si dovesse far riferimento a Dio solo nei momenti del bisogno; no, è una appartenenza. La verità germoglierà dalla terra proprio grazie ad un popolo che vive la fedeltà al suo Signore. Questo è fondamentale in questo tempo .

Se posso lanciare un incoraggiamento vorrei dire che non abbiamo bisogno di una massa di gente, di masse che riempiono le chiese o di masse che si dichiarino cristiane, abbiamo bisogno di gente che sia disposta a dare la vita fino in fondo, possano essere anche pochi, anche pochissimi, ma gente decisa fino in fondo.

Un anonimo dei primi secoli diceva “è meglio essere cristiano senza dirsi tale che dirsi cristiano senza esserlo”.

La giustizia e la pace si baceranno quando la verità germoglierà dalla terra, e quando parliamo di verità vogliamo indicare il riflesso di Dio nel comportamento dell’uomo. Solo allora possiamo dire che la giustizia si affaccia sulla terra.

La giustizia che si rivela in Cristo che  è donata e resa possibile in profondità ad ogni uomo. La giustizia che poi diventa la pace, questo dono in cui si rivela l’amore di Dio in Cristo.

 Solo chi ha fede sul serio capisce cos’è la giustizia e per la giustizia dà la sua vita. Quando questa diventa un’ottica della vita allora il mondo cambia. Sta nascendo una nuova umanità che sta germogliando dalla terra, non è quella che fa rumore attraverso le casse di risonanza dei mezzi di comunicazione, attraverso la vita di chi ha scelto la verità fino in fondo nella sua vita.

Conclude il salmo : ” Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. Davanti a lui camminerà la giustizia  e sulla via dei suoi passi la salvezza”. Dove la parola salvezza riassume tutta la felicità dell’ebreo errante che sogna finalmente la terra promessa. Ed è importante che noi recitiamo questa promessa perché al di là di tutte le difficoltà che noi incontriamo, noi ci rendiamo conto che vale la  vita lottare per una giustizia più divina, perché nasca una pace più a dimensione dell’uomo.

 

************

 

Parole conclusive dell’avv. Alessandro Cassiani-

Consigliere dell’Ordine di Roma.

Per concludere posso ringraziare come sempre Anna e monsignore per questa pausa di riflessione che arricchisce la nostra giornata e che illumina anche la nostra esistenza.

Ho colto quello che da avvocato  mi è sembrato più facile cogliere : la differenza tra il concetto di giustizia che abbiamo noi, che hanno i nostri clienti e quello che invece dovrebbe essere di guida a noi come cristiani. Noi siamo afflitti ogni giorno da battaglie che riteniamo di perdere o da delusioni che riteniamo cogenti che si riflettono su di noi e sulla vita dei nostri clienti, probabilmente perché abbiamo una visione molto limitata, perché se invece ci adeguassimo a quello che è il comandamento, a quello che viene dalla Bibbia , e ritenessimo la giustizia una totale dedizione ai voleri di Dio e a quello che è stato da lui stabilito nel nostro interesse o in quello dell’umanità, avremmo probabilmente una visione di quella che definiamo giustizia o ingiustizia molto limitata e ci acquieteremmo di fronte ad una visione più grande dove i giochi si fanno alla fine e la verità si scopre al momento in cui è necessario scoprirla. Altra riflessione che mi sembra possa nascere da questo insegnamento è che la giustizia può essere anche fonte di pace là dove si accolga questo primo concetto e ci si rimetta con totale dedizione alla parola di Dio.  E’ difficile da comprendere , da accettare , viviamo di stress e di tensioni, ci illudiamo di essere più o meno indispensabili; qualche volta ci accorgiamo che al di sopra della  nostra testa  vengono assunte decisioni difficilmente condivisibili.

Per noi cattolici il discorso non può non essere questo, una fonte di serenità , quindi anche di pace, che è un traguardo cui tendiamo tutti anche se apparentemente  utopistico perché viviamo una vita fatta di battaglie, di stress. In questa maniera si assottiglia il numero delle persone che oltre a proclamarsi anagraficamente cristiani realmente possano dirsi di esserlo.

L’auspicio è che questo seme che viene seminato ogni giorno anche per mezzo di persone ammirevoli che organizzano questi incontri, produca effetto e  germogli e moltiplichi, ma non vi è dubbio che il richiamo ad una realtà molto dura e molto difficile, è opportuno in un momento in cui c’è il trionfo almeno apparente del materialismo, della visione utilitaristica e pratica della vita; diventa sempre più difficile avere presente questi valori .

Per concludere vorrei dire che ciascuno dovrebbe individuare il proprio impegno da valere anche nella nostra professione. Ha ragione Anna, per l’avvocato dovrebbe essere ancora più facile. Parliamo con i nostri clienti, ci ergiamo a paladini dei nostri clienti, che non avrebbero la possibilità neanche estetica, culturale di esprimere le proprie posizioni, abbiamo contatti umani che ci dovrebbero arricchire e che ci dovrebbero consentire  in ogni momento di dare e anche di ricevere, anzi di dare più di quanto sia possibile ricevere. In questa  posizione di privilegio l’impegno diventa ancora più pressante, più impegnativo.

A livello personale concluderei rinnovando quelli che sono gli impegni iniziali che poi personalmente si perdono di vista, io per lo meno li perdo, invitandovi a fare lo stesso; non dico un esame di coscienza ma un punto della situazione nella quale la giustizia,  secondo quello che dovrebbe essere, e la pace, come conseguenza della giustizia così intesa, siano per noi fonte di speranza e possibilità concreta di raggiungere questo traguardo. Ringrazio tutti.